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Nuovi problemi, vecchie maniere. Così Mosca prova ad aggirare le sanzioni

Ogni transazione legata alle forniture di energia rischia di incappare nelle sanzioni imposte dall’Occidente. E allora il Cremlino prova a ricorrere a uno strumento piuttosto antico: portare denaro contante fuori dal Paese per piazzarlo in qualche caveau di banche ancora compiacenti

C’è qualcosa di profondamente grottesco nella grande crisi, valutaria ed economica, che sta colpendo la Russia. Dando al mondo la prova, oltre che l’immagine, di un sistema tutt’altro che immune alle sanzioni imposte dall’Occidente, all’indomani dell’invasione dell’Ucraina. Banche, assicurazioni, imprese, sono sotto sotto pressione come non mai. L’inflazione corre veloce (8,5%) e i tassi si apprestano a toccare quota 23%: risultato, non si consuma e non si chiede credito agli istituti, ingessando l’economia. Ma, soprattutto, ogni transazione con l’esterno è bloccata dalle sanzioni.

Forse anche per questo Mosca ha deciso di ricorrere a uno stratagemma dal sapore decisamente vintage, come spiega Carnegie in un rapporto di queste ore. Di che si tratta? Della ḥawala, un sistema informale di trasferimento di valori basato sulle prestazioni e sull’onore di una vasta rete di mediatori, localizzati principalmente in Medio Oriente, Nord Africa, nel Corno d’Africa ed in Asia meridionale. E che trae le sue origini dalla legge islamica tradizionale, ed è già menzionata nella giurisprudenza islamica dell’ottavo secolo.

“Dall’invasione dell’Ucraina, le imprese russe coinvolte nelle operazioni di esportazione e importazione di energia, gas e petrolio, hanno adottato alcuni schemi finanziari e di pagamento piuttosto insoliti”, premette il Carnegie. “Prima della guerra, mantenere la valuta all’interno della Russia era conveniente, redditizio e sicuro”. Ma ora non lo è più.

Perché “ha più senso spostare le merci all’estero, venderle lì, lasciare la valuta in un conto straniero. In pratica, un’azienda che esporta potrebbe mettere valigie piene di rubli in un armadietto di stoccaggio da qualche parte a Hong Kong o negli Emirati, invece che far rientrare i soldi in Russia, incappando nelle maglie delle sanzioni”. “Quello che sta accadendo oggi è essenzialmente un sistema hawala spesso utilizzato dai lavoratori migranti provenienti dai Paesi del Sud del mondo. I quali prendono i loro guadagni a un broker a Londra, ad esempio, quindi danno la password ai loro parenti nel loro Paese d’origine, che ricevono denaro da un altro broker dalla stessa rete”.

Qualcosa di molto simile alle rimesse all’estero, il meccanismo con cui i cittadini immigrati mandano i soldi guadagnati nei loro Paesi di origine. “Ora gli uomini d’affari russi sono costretti a ricorrere a questo stesso antico metodo, sempre che ci siano canali che sono ancora pronti a collaborare con la Russia, e per evitare di perdere denaro se i conti vengono congelati sotto la legislazione sulle sanzioni”. Insomma, per sfuggire alle sanzioni, le imprese russe provano a mandare fuori dalla Federazioni valige piene di rubli da sistemare in qualche caveau di banche compiacenti. E pensare che, chiarisce il Carnegie, “questa pratica è in contrasto con la politica delle autorità monetarie russe, che cercano la trasparenza e la supervisione della circolazione monetaria. Ma dati tutti i problemi che ci sono e legati alla guerra in Ucraina, sono pronti a chiudere un occhio”.

 


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