Cecilia Sala deve essere riportata a casa, ma non sarà facile non scendere a compromessi. L’Iran è governato da un regime saguinario, contro il quale però l’opinione pubblica è spesso tiepida perché è un nemico giurato dell’Occidente. Il governo sta facendo la sua parte. Colloquio con l’analista e docente della Cattolica, Vittorio Emanuele Parsi
Non è un arresto. È un “sequestro a scopo estorsivo”. La giornalista italiana, Cecilia Sala, è dietro le sbarre del carcere di Evin. Proprio ieri il dipartimento generale dei Media Esteri del ministero della Cultura e dell’orientamento islamico dell’Iran ha confermato in una nota l’arresto della giornalista “per aver violato le leggi della Repubblica islamica dell’Iran”. “È un’accusa talmente generica che si mostra per quello che è: del tutto pretestuosa e infondata”. A dirlo a Formiche.net è Vittorio Emanuele Parsi, professore di Relazioni internazionali all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.
Professore, quanto è fondata la teoria che collega l’arresto di Sala con l’arresto dell’iraniano a Milano?
Per dirla con un eufemismo, penso che i due fatti siano profondamente collegati e d’altra parte non potrebbe essere diversamente.
La prospettiva di dover scendere a compromessi con un regime sanguinario come quello di Teheran non è propriamente positiva.
No, l’intendimento di non scendere a compromessi è molto nobile. Tuttavia in questo contesto occorre fare i conti con la realtà. È molto poco probabile che si riescano a percorrere i canali diplomatici per portare a casa Sala.
Quindi che sviluppi prevede?
Vanno fatti senz’altro tutti i tentativi del caso, ma penso che alla fine bisognerà trattare per lo scambio di Mohammad Abedini Najafabadi. Altrimenti, l’ipotesi è che Sala possa passare anni dietro le sbarre in Iran.
Il governo sta facendo il suo lavoro, la Farnesina si è mossa in modo molto rapida.
Sì, il governo si è mostrato attento e ben disposto. E d’altra parte non mi aspettavo nulla di diverso. L’importante è evitare politicizzazioni e distorsioni dei fatti.
A cosa si riferisce?
Alle varie pagliacciate a cui stiamo in parte già assistendo. Dal paragone tra Assange e Sala, passando per l’accusa, rivolta alla giornalista, di essere un agente sionista. Follie di questo tipo, non devono trovare spazio. Cecilia è una collega preziosa e, lavorando anche per lo stesso quotidiano (il Foglio, ndr) mi auguro davvero che venga fatto di tutto affinché sia portata a casa quanto prima. È una giornalista corretta che certamente ha le sue idee, ma che non ha mai piegato il mestiere sulla base delle sensibilità politiche personali.
L’Iran, anche attraverso la formulazione di questa accusa, si sta dimostrando per quello che è?
Un Paese in cui governa un regime sanguinario, che però non scalda il cuore. E quindi spesso ci dimentichiamo di cosa sia realmente l’Iran.
Che cosa intende dire?
L’opinione pubblica, spesso, condanna – anche giustamente – le azioni di Paesi alleati dell’Occidente. Mi viene in mente Israele. Però tendiamo a non sottolineare quanto un regime come quello di Teheran sia terribile in particolare per giovani e donne. Tendenzialmente, i movimenti di opinione che scaldano le piazze sono quelli anti-occidentali. Essendo l’Iran un nemico giurato dell’Occidente, non si dà molto peso a ciò che accade da quelle parti.
A proposito di Occidente, quale sarà l’atteggiamento degli Stati Uniti?
Se gli Usa hanno chiesto l’estradizione penso che siano intenzionati a perseguire questa strada. D’altro canto, in questo ultimo scorcio di amministrazione Biden, potrebbero mostrarsi comprensivi qualora si arrivasse allo scambio con l’iraniano.