La nomina di Charles Kushner ad ambasciatore americano in Francia ha sollevato dubbi per il suo passato controverso e l’assenza di esperienza diplomatica. Tuttavia, Parigi potrebbe sfruttare questo legame diretto con il cuore del potere trumpiano, trovando nel pragmatismo un terreno comune per dialogare con la nuova amministrazione Usa
“La politica è anche un affare (di famiglia)”. Con questa sintesi il Figaro introduce la nomina di Charles Kushner, il padre di Jared, il genero-in-chief di Donald Trump. Non un diplomatico navigato, ma un imprenditore immobiliare con un passato tutt’altro che immacolato, che comprende un anno in prigione per frode fiscale e una grazia presidenziale firmata, guarda caso, proprio da Trump.
Una scelta controversa? Certamente. Ma, come ci ha insegnato il primo mandato del tycoon, il controverso è il nuovo normale. “Si tratta, storicamente, della prima missione diplomatica americana all’estero: Benjamin Franklin fu il primo ambasciatore americano in Francia. Quasi 250 anni dopo, il prestigioso incarico di ambasciatore in Francia è stato affidato, sabato 30 novembre, a Charles Kushner”, ricorda con un certo tono il Monde, quasi a sottolineare lo strappo tra il passato glorioso e l’inevitabile pragmatismo di oggi.
“Una strana nuova pedina” sulla scacchiera di Trump, la definisce Liberation, che poi come gli altri sciorina la serie di nomine controverse messe già in piedi dal repubblicano — non ultima quella di sabato, Kash Patel all’Fbi.
Eppure, c’è chi legge questa nomina sotto un’altra lente. France 24 la definisce coerente con lo stile trumpiano: “La scelta è in linea con il modello di Trump di selezionare persone, spesso facoltose, vicine alla sua famiglia o di provata lealtà”. E mai come nel caso di Kushner, del consigliere più fidato e architetto di alcune delle mosse più audaci del primo mandato (dagli Accordi di Abramo alla riforma della giustizia penale), si può parlare di lealtà provata.
Ma come accoglierà Parigi un ambasciatore così atipico? Forse obtorto collo, ma con quel pragmatismo che Emmanuel Macron sa sfoderare quando serve. Lo stesso Macron che, in un’intervista del 2018, aveva definito se stesso e Trump come “due Mavericks”, con un’espressione con cui cercava di un terreno comune.
Forse è proprio qui che si trova la chiave della scelta di Trump: chi meglio di un uomo di assoluta fiducia come Kushner per gestire le relazioni con un presidente francese a volte atipico e imprevedibile?
Nell’ottica di Macron, d’altra parte, un’ambasciata a guida Kushner potrebbe, almeno sulla carta, offrire un canale diretto con l’inner circle più intimo del potere trumpiano, quello familiare, che ruota attorno a Jared e Ivanka. E in un mondo dove le dinamiche personali contano quanto quelle istituzionali, questo potrebbe rivelarsi un asset.
Forse Parigi non brinderà con entusiasmo al suo arrivo, ma chissà che non trovi utile quel bicchiere mezzo pieno: un accesso privilegiato alla dinastia che, con Trump di nuovo alla Casa Bianca, scriverà un altro capitolo della storia americana.