Il partito conservatore abbandona la difesa del presidente Yoon, invitando i deputati al voto secondo coscienza. L’impeachment apre una stagione di incertezza, su cui Seul cerca di fornire rassicurazioni, ai cittadini e al resto del mondo
Il presidente sudcoreano, Yoon Suk Yeol, è stato messo sotto impeachment dall’Assemblea Nazionale, in seguito al fallimento del suo tentativo di imporre la legge marziale la scorsa settimana. I partiti d’opposizione, che detengono la maggioranza nel Parlamento, hanno avuto bisogno del sostegno di solo otto dei 108 parlamentari del partito di governo, il conservatore People Power Party (PPP), per raggiungere la maggioranza qualificata dei due terzi. La mozione è stata approvata con un margine di 204 voti contro 85.
L’iter per l’impeachment in Corea del Sud segue un processo rigoroso e articolato che porterà il Paese in una fase di gestione ad interim degli affari correnti – con Seul che rischia di vivere un momento di debolezza anche sulla scena internazionale, dove per Andrei Lankov, uno dei principali esperti di Corea al mondo, ormai Seul ha perso molta credibilità (“In sei ore Yoon è riuscito nell’impossibile: rendere la Corea del Nord la parte razionale” della Penisola Coreana).
In primo luogo, un disegno di legge per l’impeachment deve essere proposto dalla maggioranza dei parlamentari, ossia almeno 151 su 300. Successivamente, la proposta viene votata in una sessione plenaria dell’Assemblea Nazionale, dove è necessario il sostegno di almeno 200 membri. Con l’approvazione della mozione odierna, il presidente viene sospeso dalle sue funzioni e i suoi poteri trasferiti momentaneamente al primo ministro, in questo caso Han Duck-soo, un appointee di Yoon con un lungo curriculum da tecnocrate, su cui pesa qualche sospetto: avrebbe partecipato alla riunione cruciale con cui Yoon ha preso la decisione sulla legge marziale (e non lo avrebbe fermato in tempo).
Parallelamente, la Corte Costituzionale esamina la validità dell’impeachment, con un tempo massimo di 180 giorni per pronunciarsi. Se almeno sei dei nove giudici confermano la decisione del parlamento, il presidente viene rimosso ufficialmente dall’incarico e si procede all’elezione di un nuovo presidente entro 60 giorni. Se invece la Corte rigetta l’impeachment, il presidente ritorna in carica con pieni poteri. Qui c’è anche un problema tecnico: alla corte mancherebbero due giudici, che ancora non erano stati nominati da Yoon. Forse Han potrebbe scegliere i nomi, navigando sotto la necessità dell’emergenza i vari risvolti politici che hanno rallentato finora la nomina.
Yoon, leader populista che era sopravvissuto a una prima mozione di impeachment lo scorso sabato grazie al boicottaggio dei parlamentari del suo partito, ha visto la situazione precipitare giovedì dopo un discorso particolarmente acceso, in cui ha attaccato i suoi critici e promesso di “combattere fino alla fine”. Sebbene il PPP si fosse inizialmente opposto ufficialmente alla procedura di impeachment, il leader del partito Han Dong-hoon – che doveva essere arrestato se la legge marziale fosse entrata in atto – ha lasciato libertà di coscienza ai membri durante il voto segreto di sabato, spingendo parte del partito a schierarsi contro il presidente.
L’esito di questa procedura sarà cruciale non solo per il destino politico di Yoon, ma anche per la stabilità della Corea del Sud e per il suo standing internazionale. L’ultimo presidente a subire un impeachment con successo è stata Park Geun-hye, anche le conservatrice, rimossa nel 2017 a seguito di un clamoroso scandalo di corruzione e abuso di potere che aveva provocato grandi manifestazioni di piazza e mostrato un volto di Seul che si sembrava superato con la democratizzazione del 1987 – e invece, sette anni dopo, Yoon ha fatto ancora peggio.
Gli effetti internazionali della crisi sudcoreana
La crisi politica in Corea del Sud non si limita infatti a un contesto puramente domestico, ma si intreccia inevitabilmente con le dinamiche della penisola coreana, il più ampio scacchiere indo-pacifico e il contesto globale in cui la Corea del Sud è sempre più attiva. Come ha spiegato Marco Milani, docente dell’Università di Bologna e analista della situazione sudcoreana commentando l’evoluzione dei primi fatti con “Indo-Pacific Salad”, la mossa avventata di Yoon aveva attirato subito l’attenzione globale e potrebbe avere nel medio-breve periodo risvolti internazionali.
Un primo effetto di una Seul instabile potrebbe riguardare le relazioni con la Corea del Nord. Durante le ore più agitate, anche il vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani, aveva dichiarato che Roma stava inviando “messaggi politici chiari a Pyongyang di non tentare minimamente di approfittarsi di una situazione di conflitto politico all’interno del Parlamento sudcoreano”. Milani ritiene che la Corea del Nord probabilmente sfrutterà la crisi politica sudcoreana a fini propagandistici, come già avvenuto in passato, ma che difficilmente ciò si tradurrà in azioni significative oltre questo ambito. E però, Pyongyang è in vantaggio nella narrazione, perché da quello che sta emergendo dal processo, pare che Yoon e alcuni suoi sodali – come il ministro della Difesa – stessero cercando provocazioni contro il Nord per procedere con azioni anche spregiudicate pur di giustificare la legge marziale.
Più rilevante potrebbe essere l’impatto sulle politiche estere generali della Corea del Sud. Yoon aveva adottato decisioni importanti e controverse: un riavvicinamento strategico con il Giappone, un chiaro allineamento con le posizioni statunitensi nella regione, un’enfasi sui valori democratici e sull’ordine liberale, e una linea particolarmente dura nei confronti di Pyongyang. Un’eventuale (ormai sempre più certa) uscita di scena del presidente potrebbe portare a una revisione di queste posizioni, soprattutto nel caso in cui un presidente democratico dovesse succedergli. Tanto che la linea tenuta da Yoon, sebbene su un simile solco strategico di quella del predecessore dem Moon Jae-in, era stata pensata per dare maggiore assertività al messaggio politico e calcare su esso per maturare consenso.
Infine, vi è la questione della percezione internazionale della Corea del Sud. Secondo Milani, la rapidità con cui il Paese ha reagito alla crisi ha probabilmente evitato danni significativi alla sua immagine globale: “La percezione della Corea del Sud a livello internazionale ha rischiato di essere gravemente compromessa da questa azione, dopo molti anni in cui invece si era registrato un netto miglioramento da questo punto di vista. Tuttavia, anche in questo caso, la rapidità con cui si è fatto fronte alla crisi credo possa limitare fortemente i possibili effetti negativi”. Anche per questo, dopo l’arrocco iniziale del PPP, frutto di una polarizzazione politica sempre più intensa, i conservatori hanno deciso di abbandonare Yoon e procedere lungo la traiettoria dell’impeachment, marcando con forza il valore dei processi istituzionali democratici. È anche una rassicurazione, sia ai cittadini (che credono fermamente nell’ordine delle istituazioni) al resto del mondo: d’altronde, le mosse del presidente avevano immediatamente creato incertezza sui mercati, e Seul doveva continuare rispondere coerentemente.