Le donazioni saranno fatte al fondo di inaugurazione della cerimonia di insediamento del neopresidente. Le cifre sono delle gocce nell’oceano, ma spiegano bene come i grandi del settore tecnologico vogliono azzerare i rapporti e collaborare con la prossima amministrazione
Dopo Mark Zuckerberg, anche Jeff Bezos. In vista della cerimonia di insediamento di Donald Trump, anche il proprietario di Amazon e del Washington Post ha deciso di mettere mano al portafogli per una donazione al fondo inaugurale. Stessa cifra del ceo di Meta, un milione di dollari, per un motivo identico, dimostrare al presidente tutto l’interesse a collaborare. Tuttavia, Bezos sono mesi che si sta riposizionando, mentre l’avvicinamento di Zuckerberg è sicuramente un’interessante novità.
Trump lo aveva avvisato più volte qualora i suoi mezzi – Facebook, su tutti – avessero influenzato in qualche modo le elezioni, arrivando persino ad augurargli il carcere. Ma da quando ha vinto le elezioni, è cambiato tutto. Addirittura c’è stata una cena di Zuckerberg a Mar-a-Lago organizzata per cercare di costruire una relazione proficua. Prima di sedersi a tavola, racconta il Wall Street Journal, il giovane imprenditore avrebbe fatto provare al tycoon dei Ray-Ban prodotti da Meta, che poi gli ha regalato. Anche i dirigenti di Meta, Joel Kaplan e Kevin Martin, hanno incontrato la prossima capo staff della Casa Bianca, Susie Wiles, alla presenza dello stratega repubblicano Brian Baker assunto da Zuck e sua moglie per provare a far breccia nel cuore dei conservatori. Il patron di Meta si sarebbe visto anche con Marco Rubio, nominato come prossimo segretario di Stato, e altri consiglieri compreso Stephen Miller.
Era un qualcosa di impensabile fino a qualche tempo fa. Non perché Zuckerberg e Trump non avevano mai mangiato insieme prima, ma piuttosto per la promessa del tycoon dopo che gli era stato chiuso il profilo Facebook in seguito all’assalto di Capitol Hill: “La prossima volta che tornerò alla Casa Bianca non ci saranno più cene, su sua richiesta. Saranno solo affari!”. E sotto certi aspetti è così.
Il motivo che (ri)spinge Zuckerberg da Trump è chiaro: evitare ripercussioni. La politica tecnologica del neo presidente dovrebbe essere a discapito di tutte quelle piattaforme che hanno represso il free-speech, a cominciare dai social network. Ragion per cui dopo il 5 novembre, giorno del voto, si è subito messo a disposizione del vincitore offrendogli piena collaborazione, un qualcosa che aveva già lasciato intendere nei tempi addietro quando se la prendeva con i Democratici e difendeva i Repubblicani, un comportamento atipico per chi si è sempre definito neutrale.
Anche Bezos durante la campagna elettorale aveva fatto discutere per la sua imparzialità, che secondo molti era un modo per mascherare la sua preferenza. Per la prima volta dopo decenni aveva imposto al giornale di cui è editore di non dare alcun endorsement prima delle elezioni: siccome il Washington Post è tradizionalmente vicino ai Dem, la decisione è stata ricevuta come un appoggio indiretto a Trump. Non appena ha vinto, Bezos si è congratulato con lui ma già prima, in occasione del fallito attentato contro Trump a Buttler, in Pennsylvania, aveva lodato il suo coraggio.
Ora è pronto a passare dalle parole ai fatti. Come nel caso di Zuckerberg, la donazione da un milione di dollari è una goccia nell’oceano in confronto al patrimonio che vanta, ma sono un segnale eloquente di come si voglia strizzare l’occhio al prossimo Chief of State. Ne farà anche un’altra, sempre della stessa cifra, grazie alla piattaforma Prime Video che trasmetterà in diretta la cerimonia di insediamento il 20 gennaio.
Anche con Bezos, Trump non è mai andato troppo d’accordo. La prima colpa del magnate era quella di possedere un giornale come il Wp, la seconda invece riguardava il rifiuto di far andare il tycoon nello spazio con le sue navicelle. Forse anche per questo si è rivolto a Elon Musk e al suo SpaceX, rivale strategico della Blue Origin di Bezos, che come l’imprenditore sudafricano cerca di strappare accordi con il governo.
Sicuramente i due avranno modo di parlarne la settimana prossima, quando Bezos dovrebbe essere ricevuto alla corte di Palm Beach, dove dovrebbero andare anche il ceo di Google, Sundar Pichai. Ma solo per via della sua redenzione. “Finora vedo che è più calmo e più sicuro di sé di quanto non fosse la prima volta”, ha detto di recente. Un cambio di tono necessario per sedersi al tavolo del tycoon, che non vale solo per lui.