Skip to main content

Nell’anno dell’incertezza, la speranza del cuore. L’augurio di Elvira Frojo

La speranza regina dell’anno 2025. Contrappasso della disperazione per attivare energie profonde recuperando una dimensione individuale e collettiva che si nutra di valori comuni. Un sogno collettivo per credere in un orizzonte possibile perché “la società è più della mera somma degli individui”, come ha ancora ricordato il Pontefice

È l’anno della speranza? Incubi e sogni tra incertezze e contraddizioni, per un’umanità che sembra aver smarrito se stessa e il senso della vita. Dopo un altro anno di guerre e violenza, drammi migratori e catastrofi climatiche, disagi giovanili alimentati dal web e record di suicidi in carcere, il buon auspicio della Treccani è la parola “rispetto”.

“La mancanza di rispetto è alla base della violenza esercitata quotidianamente nei confronti delle donne, delle minoranze, delle istituzioni, della natura e del mondo animale”, spiegano i condirettori dell’Enciclopedia italiana. “Questa parola dovrebbe essere posta al centro di ogni progetto pedagogico, fin dalla prima infanzia, e poi diffondersi nelle relazioni tra le persone, in famiglia e nel lavoro, nel rapporto con le istituzioni civili e religiose, con la politica e con le opinioni altrui, nelle relazioni internazionali”.

“Rispetto” per dare spazio al dialogo e al confronto, alla vicinanza e alla solidarietà. Per ritrovare sicurezza e conforto in relazioni autentiche. Superare angosce e scardinare sofferenze, liberando mente e cuore da inutili zavorre. Aprire finestre di luce e dare aria ad una vita spenta da timori, sentimenti mortificati, mancanze.

È il coraggio di intraprendere un viaggio intimo e doloroso per scoprirsi, forse, più forti e migliori.

“Tocca a noi saper tradurre la speranza in realtà”, ha esortato il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel discorso di fine anno. “Vi è bisogno di riorientare la convivenza e il nostro modo di stare insieme”, spiegando che “siamo tutti chiamati ad agire, rifuggendo da egoismo, rassegnazione, indifferenza”.

Un’umanità che ha bisogno di valori, cultura, desideri e emozioni per rinascere sembra, invece, aver annullato il senso della complessità e della profondità ma anche del dubbio e della fragilità. Luoghi comuni, ignoranza e pregiudizi invadono il campo di ogni dibattito.

Dal “sonnambulismo” del precedente anno, nell’Italia del “galleggiamento”, secondo l’ultimo Rapporto Censis, “ci flettiamo come legni storti e ci rialziamo dopo ogni inciampo, senza ammutinamenti. Ma la spinta propulsiva verso l’accrescimento del benessere si è smorzata”.

Una sorta di immobilismo e insieme di intolleranza. Ostilità allarmanti verso identità e etnie diverse e una desolante “fabbrica degli ignoranti”, come definita dal “Rapporto” nella parte dedicata alla cultura, a causa di mancanza di conoscenze di base, sono il drammatico quadro del nostro Paese. Secondo l’Ocse, un adulto su tre in Italia è analfabeta funzionale.

Le donne sono leva attiva per un futuro sostenibile, secondo gli obiettivi dell’Agenda Onu 2030. Eppure, da un recente sondaggio di Eurobarometro, emerge che radicati stereotipi culturali vogliono ancora la donna “a casa”, contrariamente alle analisi economiche che evidenziano la necessità di maggiore presenza femminile nel mondo del lavoro e in ruoli di rappresentanza. Hadja Lahbib, commissaria per l’uguaglianza, promette di intensificare il lavoro per le pari opportunità e l’eguaglianza uomo-donna.

Incerte anche le prospettive delle nuove tecnologie. Un recente studio pubblicato da Nature evidenzia come l’intelligenza artificiale potrebbe avere un impatto persino sulla mente, integrandosi funzionalmente nei processi cognitivi attraverso i dati utilizzati. Formando, cioè, un sistema più ampio e modellando inconsapevolmente pensieri e decisioni.

È speranza la parola del cambiamento? “La speranza non può tradursi soltanto in attesa inoperosa. La speranza siamo noi”, ha affermato il Presidente Mattarella.

Un invito, per tutti. Accogliendo quel sentire che le donne conoscono in profondità e promuovono nei comportamenti quotidiani. Nella vita privata, sociale e professionale. Con il coraggio delle scelte, uscendo dall’invisibilità e dal silenzio per affermare dignità e valori. Spesso, a caro prezzo.

Accanto a leader di istituzioni, giornaliste, imprenditrici, attiviste, scienziate, artiste, atlete, sono “donne dell’anno” le donne iraniane, afghane e di tutto il mondo che lottano in famiglia, in piazza, sul web, per i diritti di tutti.

È la giornalista Cecilia Sala. Una giovane donna che ha saputo donare agli altri la speranza dei diritti umani. Lacerante immaginarla costretta nella cella del carcere di Evin, simbolo della repressione del regime iraniano.

È il toccante racconto della bambina tunisina, unica superstite al naufragio verso Lampedusa, senza cibo né acqua, aggrappata a due camere d’aria.

È Gisèle Pelicot, che ha svelato la “banalità dello stupro” per dire alle donne che hanno subìto violenza che sono gli uomini a doversi vergognare. Dichiarando “ho fiducia nella nostra capacità di proiettarci collettivamente verso un futuro in cui tutti, donne e uomini, possano vivere in armonia, con rispetto e comprensione reciproca”.

La speranza è che le ferite di queste donne, eroine “comuni”, possano essere cancellate nella loro memoria più profonda. Ma che non siano dimenticate nella coscienza civile.

Le donne sono costruttrici di pace e libertà. “C’è un forte legame tra la libertà delle donne e la speranza”, ha affermato Papa Francesco.

Insegnano ad amare attraverso l’ascolto che unisce, la parola e i gesti che agiscono. I loro comportamenti abbattono steccati di solitudine. Semplici ed eccezionali nella loro “normale” straordinarietà, sono protagoniste di una storia fatta di talento, impegno, coraggio, passione. Con il cuore aperto.

La speranza, quest’anno, è più che mai invocata.

È la “Madonnina della speranza”, giunta da Battipaglia, davanti alla quale il Pontefice ha pregato prima di aprire la Porta Santa del Giubileo 2025. Messaggera di speranza. È stato l’augurio di Papa Francesco nel messaggio all’emittente britannica BBC perché si possa “esercitare la gentilezza come forma d’amore per relazionarci con gli altri”.

La speranza, dunque, regina dell’anno 2025. Contrappasso della disperazione per attivare energie profonde recuperando una dimensione individuale e collettiva che si nutra di valori comuni. Un sogno collettivo per credere in un orizzonte possibile perché “la società è più della mera somma degli individui”, come ha ancora ricordato il Pontefice.

È la speranza di allontanare, per credenti e non credenti, la propria ombra e potersi scoprire migliori attraverso l’amore ricevuto e donato.

È il mio augurio per il 2025.


×

Iscriviti alla newsletter