Francoforte dà un’altra sforbiciata al costo del denaro, portando il tasso di riferimento al 2,75%. Ma se arriveranno i dazi americani, allora bisognerà accelerare il passo. E Powell, per il momento, ignora Trump
Negli Stati Uniti ha vinto la prudenza. Ma in Europa la decisione era scontata. La Banca centrale europea ha tagliato i tassi di interesse di 25 punti base portando il tasso di riferimento al 2,75%. Tramontata, dunque, l’ipotesi di una sforbiciata più consistente anche perché l’inflazione interna rimane vischiosa e alcuni membri del Consiglio direttivo si sono detti contrari ad accelerare troppo i tempi. Gli analisti, già nei giorni precedenti, erano abbastanza sicuri delle mosse di Christine Lagarde. E così è stato.
Va bene, ma il futuro? Nel contesto attuale, si prevede che la Bce continui con tre ulteriori riduzioni fino a raggiungere il 2% entro la metà del 2025. Tuttavia, in caso di rischi politici significativi, come l’implementazione di dazi da parte degli Stati Uniti o instabilità politica in Germania e Francia, Francoforte potrebbe adottare un approccio più aggressivo, anticipando i tagli entro l’estate o procedendo con riduzioni più decise per stimolare la crescita economica.
L’innesco, come detto, sarebbe la messa in pratica dei dazi minaccia da Donald Trump, così come eventuali nuove fasi di instabilità politica nelle due maggiori economie europee, Germania e Francia, che potrebbero spingere la Bce a non fermare i tassi in area neutrale ma andare oltre fino a raggiungere una politica monetaria espansiva. E la Federal Reserve?
La Banca centrale americana ha aperto l’era del Trump bis lasciando invariato il costo del denaro: i tassi di interesse restano quindi fermi in una forchetta compresa fra il 4,25 e il 4,50%. Tanto che prima di Natale, quando la banca centrale americana ha tagliato di un quarto di punto il costo del denaro, l’istituto guidato da Jerome Powell aveva lasciato intendere che non ci sarebbe stata una nuova sforbiciata nella prima riunione del Comitato per la politica monetaria del 2025.
Per un motivo: l’inflazione non è ancora completamente domata. “Non c’è fretta di rivedere i tassi di interesse. L’economia è forte, ha fatto progressi negli ultimi anni e noi restiamo concentrati nel raggiungere la massima occupazione e la stabilità dei prezzi”, ha commentato Powell. E pensare che, intervenendo a Davos, Trump aveva chiesto un taglio immediato al costo del denaro, precisando che avrebbe parlato con Powell al “momento opportuno”. Lui, il numero uno della Fed, ha tagliato corto: “Non ho avuto alcun contatto”.