Il settore tecnologico, praticamente all’unisono, sta avvertendo l’amministrazione uscente che il piano dell’ultimo minuto, con cui vengono posti dei rigidi paletti sull’export di chip e altri strumenti chiave di IA, rischia di mettere a repentaglio la stessa produzione americana. Un conto è controllare come vengono utilizzati, un altro è negarli a prescindere
“Vorremmo incoraggiare il presidente Joe Biden a non anticipare il presidente entrante Donald Trump promulgando una politica che danneggerebbe solo l’economia statunitense, farebbe regredire l’America e il farebbe il gioco degli avversari degli Stati Uniti”. È tutt’altro che banale il monito che Nvidia ha lanciato all’amministrazione uscente. Il destinatario è il presidente ancora in carica – per dieci giorni – e soprattutto il piano che ha in mente di attuare sull’intelligenza artificiale per questioni di sicurezza nazionale. In particolare, sui chip. Con l’Export Control Framework for Artificial Intelligence, Biden ha infatti imposto alle aziende americane un ordine restrittivo sull’export dei microprocessori, assegnando loro un ruolo di guardiani, per evitare che possano finire nelle mani sbagliate. Il riferimento va anzitutto alla Cina, che nonostante i vari limiti imposti da Washington è riuscita comunque a ottenere il materiale che le interessa per accorciare il gap con la superpotenza rivale.
Il fatto è che, come avvertivano alcuni osservatori, imporre una restrizione così forte potrebbe avere effetti opposti a quelli sperati. Questo perché la legge è sbagliata fin dal principio. Invece che vietare gli strumenti di IA in base al singolo utilizzo che se ne può fare, alle aziende americane sono state imposte delle licenze in base al paese in questione. In sostanza, solo i paesi europei e qualche alleato americano in Asia – come Taiwan – vengono esentati da questa lista. Va da sé che in questo modo si mette a rischio il ruolo dell’industria tech a stelle e strisce, che potrebbe veder ridurre il proprio peso.
Nvidia non è l’unica ad aver chiesto una riflessione prima di approvare la legge. “Ciò che il Congresso ha realizzato con il Chips Act sta venendo annullato con questa norma che riduce dell’80% il mercato globale dei chip per le aziende statunitensi e lo consegna ai concorrenti cinesi”, ha tuonato sul suo blog Ken Glueck, vicepresidente esecutivo di Oracle. Con tanto di suggerimento ironico: “Dovrebbe essere chiamata Export Control Framework for the Advancement of Alibaba, Huawei, Tencent e SMIC”. La preoccupazione nutrita da praticamente tutto il comparto – oltre a Nvidia e Oracle, forti lamentele sono arrivate anche da Microsoft e Amazon – è che in questo modo si soffoca il progresso favorendo invece le aziende rivali, che andrebbero a colmare il buco lasciato dagli Stati Uniti.
Per l’Information Technology Industry Council, un’associazione che rappresenta anche AMD e Google, il governo americano sta accelerando la procedura senza tuttavia confrontarsi con i diretti interessati. “Se i resoconti sono accurati – ha scritto in una nota – tali cambiamenti amplierebbero notevolmente la portata dei controlli sulle esportazioni e avrebbero implicazioni significative”. Il consiglio che viene dunque dato a Biden è quello di pensarci due volte prima di prendere una decisione con cui, come suggerito dal vicepresidente di Nvidia Ned Finkle, “lascerebbe un’eredità che sarà criticata dall’industria statunitense e dalla comunità globale”.