Il noto costituzionalista, chiamato dalla trasmissione televisiva “L’aria che tira” a commentare il caso governo-Almasri-opposizione, mostra la sua pacatezza di giurista, tra Dumas a Shakespeare, avvertendo che il “rumore rischia di oscurare altri problemi da affrontare” da parte del governo
Su un numero del Fatto Quotidiano (20 giugno 2014) il notista ed ex giudice Bruno Tinti, parlando del caso Esa-Gamberale, di un fascicolo “rimasto” in un cassetto più del dovuto, e del ruolo di Giorgio Napolitano, d’una eventuale ragion di stato, cita I tre moschettieri.
«C’è un episodio de I tre moschettieri (Alexandre Dumas, La Pleiade, Gallimard, 1962) che dovrebbe piacere molto a Napolitano. Il cardinale Richelieu incarica Lady de Winter di uccidere il duca di Buckingham che sta preparando la guerra contro la Francia. Milady si preoccupa di quello che le può succedere se scoperta: a cose fatte teme di essere dimenticata dai potenti che l’hanno utilizzata. Così Richelieu le consegna seduta stante un salvacondotto: “Per ordine mio e per il bene dello Stato il latore della presente ha fatto quello che ha fatto”».
Dieci anni dopo (Dumas avrebbe scritto “Venti anni”), ossia ieri e oggi, al programma de La7, L’aria che tira, diretto-condotto da David Parenzo, il caso vuole che anche il costituzionalista Sabino Cassese, citi il celebre salvacondotto dumasiano che sul finale del romanzo salva la vita ai quattro moschettieri, fatti bloccare, tramite le sue guardie, dal perfido e malvagio Richelieu.
Cassese, ribadisce, in poche parole, che probabilmente, nella questione magistratura-governo-Almarsi-opposizione, vi siano entrate in campo “ragioni di stato” a determinare il volo riservato per il generale Almasri, con atterraggio in Libia.
Certo, puntualizza Cassese, col suo sorriso sincero e lo sguardo da gatto che sa dove il padrone nasconde il cibo, che forse il governo lo poteva anche dire, o semi-dire, come chiede insistentemente, e giustamente, l’opposizione, se vi fossero state, per l’appunto, dette “ragioni di stato”. Ma in fondo… siccome lo si può immaginare, lascia intendere Cassese, si evince che sarebbe stato superfluo esplicitarlo.
Cassese, chiosa, rispondendo a una delle domande a martello-penumatico di Parenzo, che il rimpatrio forzato del generale non è un semplice accompagnamento gentile, ma è un vero e «proprio atto intenzionale». Insomma, fa capire Cassese, che evidentemente il governo non poteva fare in altro modo. Lo ribadisce: magari poteva comunicare la questione «diversamente».
Passando alla denuncia per «favoreggiamento e peculato», presentata alla procura capitolina dal penalista Luigi Li Gotti, nei riguardi della premier Giorgia Meloni, del sottosegretario Alfredo Mantovano e dei ministri Carlo Nordio e Matteo Piantedosi, per aver favorito l’espulsione dall’Italia di un pregiudicato sotto mandato di arresto da parte dalla Corte penale internazionale dell’Aja, e aver usato un volo di stato (peculato), Cassese nota che sono accuse che poggiano su «minimi elementi».
In studio qualcun altro fa notare che un soggetto pericoloso e politicamente importante, di prassi viene espulso con voli protetti, ossia, non potrebbe, ovviamente, viaggiare con voli di linea, insieme a turisti, considerato che spesso tali figure apicali “sono armate”.
Cassese è apparso titubante anche sul contenuto sostanziale della denuncia presentata dal penalista Li Gotti «circa 15 righe di accuse con ritagli di giornali, forse era un po’ poco»; la Procura avrebbe dovuto ponderare con «delibazione», ossia valutare meglio. Insomma si è acceso un grande fuoco per un piccolo arrosticino.
Alla questione come si potrà concludere la vicenda, Cassese, con il solito sorriso filosofico, alla Alice nel Paese delle Meraviglie, replica con una seconda citazione letteraria: «Tanto rumore per nulla!». Considerato, oltre ai «piccoli elementi accusatori», che la sede processuale è il tribunale dei ministri (composto da tre magistrati sorteggiati, n.d.r.), il cui dispositivo dovrà decidere per l’archiviazione o per l’autorizzazione a procedere. Nel secondo caso, si apre un iter abbastanza lungo.
(Secondo l’articolo 96 della Costituzione, i membri del governo possono esser sottoposti a un procedimento giudiziario solo dopo autorizzazione della Camera o del Senato. In questo caso, per Meloni e Nordio, essendo deputati, l’autorizzazione dovrà provenire dalla Camera; mentre per Piantedosi e Mantovano, dal Senato. Ecc.).
Ma secondo Cassese, la questione si chiuderà nel «nulla». Parenzo traduce per il pubblico: «Senza rinvio a giudizio». Il costituzionalista, con lo sguardo disincantato, direbbe Weber, tace e leggermente sorride.
Cassese, per il piacere del telespettatore, ha applicato una gentile e corretta ermeneutica del racconto, attento al concreto della prassi giuridica e politica, citando Dumas a Shakespeare: riferimenti che avrebbero attratto l’attenzione di Paul Ricoer.