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Il triangolo Roma-Teheran-Washington spiegato dall’amb. Castellaneta

La presidente del Consiglio ha imposto la sua visione politica giocando abilmente sui tempi. La nostra diplomazia ha sicuramente avuto un’interazione maggiore con le autorità iraniane mentre alla nostra intelligence è spettato l’aspetto logistico e organizzativo – aspetti non banali in queste vicende – a conferma che quando vuole l’Italia riesce a fare sistema. Il commento dell’ambasciatore Giovanni Castellaneta, già consigliere diplomatico a Palazzo Chigi e ambasciatore negli Stati Uniti

Cecilia Sala è rientrata in Italia. A lei e alla famiglia i più sinceri rallegramenti. Tutti possono tirare un sospiro di sollievo e una questione che nell’attuale clima incandescente che caratterizza il Medio Oriente, e in particolare le relazioni tra Stati Uniti e Iran, poteva prendere una bruttissima piega è stata risolta in tempi tutto sommato piuttosto rapidi, assai più di quanto accaduto con altri giornalisti occidentali “detenuti” negli ultimi anni in Iran.

È stato un ottimo lavoro di squadra dove, tuttavia, la svolta è stata rappresentata dall’avocazione del dossier da parte di Giorgia Meloni, presidente del Consiglio, che ha imposto la sua visione politica giocando abilmente sui tempi. Sala è rientrata prima della visita del presidente statunitense Joe Biden a Roma, prevista e poi cancellata per la grave situazione in California, e prima dell’insediamento del presidente eletto Donald Trump tra meno di due settimane.

Inevitabilmente, in questi casi, specialmente quando è coinvolto un giornalista, i media italiani subiscono enormi pressioni dalla opinione pubblica. Ma coloro che si sono trovati a dover gestire queste situazioni sanno benissimo che il silenzio è d’oro e che quanto si legge sui giornali, nel migliore dei casi, è inaccurato.

Ci sarà tempo per tutte le ricostruzioni del caso e non è detto che tutti i passaggi verranno resi noti anche perché le trattative condotte in tali circostanze si basano molto su allusioni piuttosto che asserzioni esplicite. Alcune non possono essere dette, alcuni atti ufficialmente non possono essere compiuti.

La visita di Meloni a Trump non va formalmente inquadrata nella soluzione del caso Sala ma ha avuti motivazioni ben più ampie legate probabilmente a un pre-posizionamento a tutela degli interessi del Paese in quadro politico europeo in magmatica evoluzione ancor prima che il presidente eletto entrerà nuovamente nello Studio Ovale. È tuttavia più che plausibile che a quest’ultimo un accenno sugli aspetti politico e giuridici della vicenda dal punto di vista italiano sia stato fatto. Del resto, Trump, costituzionalmente, non può nemmeno affrontare la questione dell’eventuale mancata estradizione dell’ingegnere iraniano Mohammad Abedini prima del suo giuramento il 20 gennaio prossimo. In ogni caso, se un discreto ma fermo messaggio doveva pervenire a Mar-a-Lago questo ha avuto luogo ed è stata Meloni a deciderne forma e contenuto.

La nostra diplomazia ha sicuramente avuto un’interazione maggiore con le autorità iraniane mentre alla nostra intelligence è spettato l’aspetto logistico e organizzativo – aspetti non banali in queste vicende – a conferma che quando vuole l’Italia riesce a fare sistema. 

Un ulteriore fattore che ha giovato in questo ambito sono state le prerogative riconosciute al ministro della Giustizia in questi casi che, in qualche modo, pongono il governo al riparo da possibili irrigidimenti della magistratura italiana sia per quanto riguarda la detenzione che l’’eventuale estradizione del cittadino iraniano.

È plausibile inoltre che in questa circostanza, nella prevedibile attesa del “ciclone Trump”, a Teheran abbia prevalso il buon senso e che per una volta l’ala dialogante del regime abbia avuto la meglio sui falchi, oggettivamente indeboliti dai rovesci subiti nelle ultime settimane in Medio Oriente, a partire dalla Siria.

La vicenda è ora risolta. E un’altra chiave per il felice esito di questi casi è quella di negare formalmente qualunque collegamento tra i due casi (Sala e Abedini) per lasciare a tutte le parti un’onorevole via di uscita. Il portavoce del ministero degli Esteri a Teheran nei giorni scorsi aveva negato tale collegamento e bene ha fatto bene il ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani, a ribadirlo dopo che la notizia del rilascio e della partenza della Sala è stata confermata.

In conclusione, per ora sembrano esserne usciti tutti bene. Meloni incassa un grande successo ed era pronta a ricevere oggi Biden senza che il governo italiano si sia ancora espresso formalmente sulla sorte di Abedini – quindi il presidente uscente americano non avrebbe rischiato di ritrovarsi in imbarazzo. Trump si insedierà quando con molta probabilità i riflettori su questa vicenda si saranno già spenti e mentre già si profilano contrapposizioni con i principali Paesi europei, di cui agli strali di Elon Musk verso Regno Unito, Francia e Germania, di cui l’Italia di Meloni potrebbe addirittura beneficiarne con una “special relationship”. Infine, anche a Teheran una situazione potenzialmente irritante e pericolosa è stata disinnescata.

Le prossime settimane saranno tuttavia cruciali, soprattutto in Medio Oriente, e nella misura in cui Meloni è stata abilmente in grado di instaurare rapporti privilegiati potrebbe essere opportuno, al momento giusto, spendere questo capitale politico a Washington per evitare potenziali iniziative, soprattutto verso l’Iran, che potrebbero riflettersi negativamente anche sul nostro Paese.


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