Per il terzo anno consecutivo nel Dragone i profitti delle grandi aziende si sono assottigliati. Addirittura più di quando non sia avvenuto durante i mesi del lockdown. E allora qualcosa nell’economia cinese non funziona davvero
A tre anni dalla fine, ufficiale, della pandemia le politiche messe a terra da Pechino per tentare di rimettere in sesto imprese e consumi, non sembrano essere servite a granché. La prova è nel fatto che i prezzi in Cina non stanno ripartendo, rimanendo depressi nonostante le prospettive di allentamento monetario all’orizzonte, da parte della Banca centrale. Ma c’è un altro elemento: i margini delle grandi industrie.
Ebbene, in queste settimane le imprese cinesi stanno chiudendo i bilanci del 2024 e la previsione è decisamente nera: per il terzo anno consecutivo la redditività delle aziende risulterà in forte calo, segno di un malessere che attacca le fondamenta dell’economia cinese. E anche nel corso del 2025 la musica non dovrebbe cambiare, poiché le pressioni deflazionistiche, ovvero la depressione dei prezzi, non consentiranno alle imprese di macinare ricavi né, tanto meno, utili.
Secondo i calcoli del National Bureau of Statistics, gli utili aziendali in Cina sono diminuiti in media del 4,7% nel 2024, registrando il terzo anno di contrazione consecutivo. Si tratta del maggiore del calo dalla fine della pandemia, visto che nel 2022 la frenata si era attestata sul 4%. Quando però il Paese era ancora sostanzialmente in lockdown: questo dà la cifra della crisi cinese, visto che anche senza restrizioni di sorta i margini delle imprese hanno fatto segnare un calo maggiore di quello in tempo di pandemia.
Non è finita. Sempre secondo l’Istituto di statistica cinese, il 25% delle aziende nazionali con un fatturato superiore a 20 milioni di yuan ha subito perdite nette tra gennaio e novembre 2024. “La ragione principale dietro questo rallentamento, direi, è la deflazione “, ha affermato Laura Wang, responsabile della strategia azionaria cinese presso Morgan Stanley. “La redditività aziendale si sta assottigliando in mezzo alla prolungata deflazione. La domanda finale lenta e la concorrenza eccessiva potrebbero solo abbassare la redditività, pesando sulle decisioni di investimento privato”.
E che la deflazione in Cina sia un po’ la madre di tutti i problemi lo dimostra anche il fatto che gli investitori nel mercato dei titoli di Stato cinese, che vale 11.000 miliardi di dollari, non sono mai stati così pessimisti riguardo alla seconda economia mondiale e alcuni di loro stanno ora scommettendo su una spirale deflazionistica simile a quella del Giappone negli anni Novanta. Tanto è vero, ha scritto Bloomberg nei giorni scorsi, che i rendimenti delle obbligazioni sovrane cinesi con scadenza a 10 anni sono crollati nelle ultime settimane ai minimi storici, creando un divario senza precedenti di 300 punti base con gli omologhi statunitensi, nonostante una serie di misure di stimolo economico annunciate dal governo del presidente Xi Jinping.