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Come il Ddl Spazio ridisegna la governance del settore. La riflessione di Turco Bulgherini (Asi)

Di Elda Turco Bulgherini

In arrivo in Parlamento il Ddl Spazio, che punta a regolamentare il settore italiano anche in vista della rivoluzione apportata dalla Space economy. Il provvedimento dovrebbe puntare a consolidare il ruolo dell’Asi e a garantire un quadro normativo coerente, anche in ottica di armonizzazione europea e competitività internazionale. Ospitiamo la riflessione di Elda Turco Bulgherini, vice presidente dell’Agenzia spaziale italiana e già professore ordinario di Diritto della navigazione all’università di Roma Tor Vergata

È in dirittura di arrivo in Parlamento il Disegno di legge Ddl AC 2026 (approvato dal CdM il 20 giugno 2024) che introduce disposizioni in materia di economia dello spazio. Nel corso dell’ultimo decennio l’ambito delle attività spaziali ed aerospaziali, precedentemente appannaggio degli Stati e delle agenzie governative, si è intensificato grazie al rilevante aumento degli interessi industriali e commerciali con il supporto di capitali privati, rendendo necessario stabilire, in Italia come all’estero, norme specifiche per regolamentare tali attività.

Conclusa la fase delle audizioni alla X Commissione Parlamentare, è ora possibile esprimere alcune considerazioni dal punto di vista giuridico-normativo, soprattutto su come l’attuale articolato del citato Ddl si inserisca coerentemente nel nostro ordinamento giuridico. Il documento si colloca in conformità e sostanziale continuità con quanto stabilito dal vigente Decreto legislativo 4 giugno 2003, n. 128 – Riordino dell’Agenzia spaziale italiana (Asi), che attribuisce all’Agenzia il compito di promuovere, sviluppare e diffondere, attraverso le sue attività, la ricerca scientifica e tecnologica applicata al campo spaziale e aerospaziale e dalla Legge 11 gennaio 2018, n. 7 – Misure per il coordinamento della politica spaziale e aerospaziale e disposizioni concernenti l’organizzazione e il funzionamento dell’Asi.

In Italia è già affidata all’Asi la regolamentazione dell’accesso alle attività spaziali e aerospaziali sia dal punto di vista tecnico e sia dell’interesse pubblico da perseguire, mediante un impianto normativo che ha sempre tenuto presente questa istituzione pubblica come unico attore e soggetto destinatario/beneficiario dell’accesso allo spazio in considerazione degli attuali programmi spaziali e aerospaziali. A riprova di ciò, andando ad esaminare i documenti istituzionali dell’Agenzia, Piano triennale delle attività e Documento di visione strategica per lo spazio 2020-2029 nonché il Documento strategico di politica spaziale nazionale, approvato nel 2019 dal Comitato interministeriale per le politiche relative allo spazio e alla ricerca aerospaziale (Comint), si rinvengono tutti i programmi di interesse nazionale, così come le linee di attività e capitoli dedicati al volo suborbitale e alle piattaforme stratosferiche.

Dall’esame comparativo con la legislazione francese (in vigore dal 2008 e oggi presa a riferimento dall’Easa per l’armonizzazione della disciplina dell’Ue) emerge chiaramente il rimando alla competenza Cnes (Centre national d’etudes spatiales) e dell’Armee de l’air et de l’espace (del ministero della Difesa) per quanto attiene la disciplina delle attività e delle responsabilità per le operazioni al di là dell’atmosfera terrestre. E con l’Europa il Paese deve confrontarsi.

Non bisogna dimenticare che si sta trattando dell’esercizio delle attività che riguardano il sistema di volo in condizioni diverse rispetto a quelle stabilite per il volo convenzionale, a cominciare dalla definizione di aeromobile, ossia quella prevista nel Regolamento (Ue) 2018/1139 del Parlamento europeo e del Consiglio del 4 luglio 2018, che istituisce un’Agenzia dell’Unione europea per la sicurezza aerea (Easa) recante norme comuni nel settore dell’aviazione civile, e che all’art. 3, “Definizioni”, individua come aeromobile: “Ogni apparecchio che può derivare sostentamento nell’atmosfera da reazioni dell’aria diverse da quelle contro le superficie terreste”. Così come, a sua volta, definito nell’Annesso 6 alla Convenzione di Chicago del 7 dicembre 1944, relativa all’aviazione civile internazionale, ossia: “Ogni macchina che può trarre sostentazione nell’atmosfera da reazioni dell’aria diverse da quelle dovute all’effetto suolo”. Quindi svincolata dal concetto di trasporto, proprio in ragione del fatto che ci si trova di fronte ad un diverso paradigma scientifico.

Le competenze dell’Asi nel campo delle attività spaziali e aerospaziali sono piene e univoche e contemplano la definizione della relativa regolamentazione tecnica, per le quali l’Agenzia detiene competenze storiche ed uniche in ambito nazionale, anche ai sensi del vigente Statuto. Pertanto, si ritiene coerente e organico, come previsto nel Ddl, l’attribuzione all’Agenzia di tutte le competenze in relazione al settore spaziale ed aerospaziale, fermo il coinvolgimento di altri attori istituzionali della Difesa per quanto di propria competenza. Giova ricordare che l’Asi è l’unica realtà pubblica in ambito nazionale, in grado di assicurare per ogni aspetto dell’accesso allo spazio e all’aerospazio, l’alta competenza tecnico-scientifica e, quindi, l’omogeneità dell’applicazione delle regole tecniche, partendo dalle proprie funzioni che attualmente, a legislazione vigente, le sono demandate in via esclusiva.

L’auspicio, dunque, è che il Ddl Spazio nella sua versione finale confermi un corpo normativo omogeneo e non frammentato del settore spaziale e aerospaziale nel quale l’Italia possa mantenere un livello di eccellenza e, specificatamente, in cui esiste una filiera importante nel mondo industriale e della ricerca, che abbraccia tutti e tre i settori dell’up-stream, del mid-stream e del down-stream e che deve seguire una crescita strutturata e omogenea di competenze e tecnologie, di collaborazione internazionale e sostenibilità economica dei relativi modelli di business, con un effettivo ritorno per l’economia del Paese.


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