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Rifiuti, cosa dice la prima relazione annuale della Commissione bicamerale

“L’obiettivo delle attività svolte dalla Commissione in questo primo anno e riportate nella relazione è quello di analizzare i complessi fenomeni oggetto di indagine, verificando i punti critici della legislazione attuale, per poi sottoporre al legislatore proposte normative che possano prevenire e ridurre danni ambientali e sociali”. Così il presidente della Commissione Jacopo Morrone

Istituita nel maggio 2023, legge n.53, la Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su altri illeciti ambientali e agroalimentari, ha il compito di indagare sulla gestione dei rifiuti e gli intrecci con le organizzazioni illegali e la criminalità organizzata; individuare le irregolarità nel traffico transfrontaliero dei rifiuti; verificare eventuali comportamenti illeciti nella pubblica amministrazione e nei soggetti privati che operano nel ciclo dei rifiuti; monitorare la gestione del servizio idrico nazionale e locale; verificare la corretta attuazione della normativa ambientale; indagare l’esistenza di attività illecite nel settore agricolo, agroalimentare e delle cosiddette “zoomafie”. La Commissione, composta da diciotto deputati e diciotto senatori nominati dai presidenti delle due assemblee,  ha iniziato la propria attività nel settembre 2023 avvalendosi, per “il miglior espletamento dei suoi compiti” della collaborazione di esperti nelle specifiche materie trattate in ogni singola inchiesta, e della consulenza di magistrati sia a tempo pieno che a tempo parziale.

La funzione istituzionale d’inchiesta della Commissione si è espressa principalmente “nelle attività istruttorie e di ascolto delle testimonianze richieste ai soggetti convocati” in  audizione e nello svolgimento di missioni e sopralluoghi nei territori interessati. La prima “relazione annuale” delle diverse attività istruttorie è stata presentata ieri alla Camera dei Deputati dal presidente della Commissione Jacopo Morrone e ha riguardato due aree principali: la gestione dei rifiuti e i fenomeni illeciti ad essa connessi (compresi quelli legati a forme di criminalità organizzata e di criminalità economica); altri illeciti ambientali e agroalimentari. Il primo filone ha riguardato lo smaltimento dei rifiuti nella Regione Campania; il sistema complessivo di gestione dei rifiuti della Regione Lazio e di Roma Capitale; lo smaltimento dei rifiuti in Sicilia; i traffici internazionali di rifiuti, in particolare quelli in uscita dall’Italia. Il secondo ha preso in esame la produzione e la contraffazione di prodotti agroalimentari e agroindustriali; le attività illecite legate al fenomeno delle cosiddette “zoomafie”; la diffusione delle sostanze PFAS e il relativo fenomeno di inquinamento; lo stato di attuazione delle bonifiche in alcune aree sensibili del Paese.

“L’obiettivo delle attività svolte dalla Commissione in questo primo anno e riportate nella relazione – ha detto il presidente Morrone – è quello di analizzare i complessi fenomeni oggetto di indagine, verificando i punti critici della legislazione attuale,  per poi sottoporre al legislatore proposte normative che possano prevenire e ridurre danni ambientali e sociali. A questo proposito la Commissione, avendo verificato l’esistenza di lacune normative, auspica una riforma  della legislazione ambientale da parte del Parlamento in accordo con il ministero dell’Ambiente”.

Il filone d’inchiesta del sistema di smaltimento dei rifiuti in Campania ha riguardato “il monitoraggio degli appalti relativi alla gestione dei rifiuti solidi urbani” e le eventuali connivenze di natura criminale, incluso il fenomeno dei roghi nella Terra dei Fuochi e i traffici extraregionali dei rifiuti. Secondo il rapporto è evidente il miglioramento, che. però, non impedisce il trasferimento dei rifiuti verso altre regioni, Puglia in particolare, e verso l’estero. Le cause vanno ricercate “nella carenza di impianti di trattamento adeguati e distribuiti in modo omogeneo sul territorio e nella relativa prevalenza del conferimento in discarica”.  A peggiorare la situazione contribuiscono “attività imprenditoriali che lavorano al “nero” e “la pressione della criminalità organizzata per sfruttare il mercato dei rifiuti”.

La gestione dei rifiuti nel Lazio e a Roma ha riguardato in primis la situazione emergenziale dell’ex discarica di Malagrotta “anche a causa degli ultimi incendi”, ricordando che nell’ultimo decennio è stato “il principale sito di stoccaggio a lungo termine dei rifiuti solidi urbani indifferenziati della città di Roma e di parte della sua provincia”. La situazione attuale testimonia “gli scarsi risultati raggiunti dagli enti preposti alla gestione dei rifiuti”, non essendo stati in grado di individuare una soluzione alternativa a Malagrotta. A questo va aggiunta l’inadeguatezza della situazione impiantistica per chiudere il ciclo dei rifiuti.

Altro obiettivo dell’inchiesta sono stati i costi della gestione dei rifiuti di Roma Capitale. A fronte del costo medio nazionale annuo pro capite per la gestione dei rifiuti pari a 194 euro, gli abitanti di Roma, con più di 296 euro a testa, sopportano un aggravio di circa cento euro in più. A questo va aggiunto un altro dato, ossia che la spesa per i rifiuti indifferenziati è quadrupla rispetto a quella dei rifiuti differenziati (grazie anche ai corrispettivi erogati dai consorzi del sistema Conai previsti dall’Accordo Anci-Conai). Se ne deduce la necessità di aumentare la raccolta differenziata di qualità non solo a fini ambientali, ma anche per ridurre i costi del trattamento.

La realizzazione di un impianto per “valorizzazione energetica della quota di rifiuto indifferenziato” secondo la Giunta capitolina “serve a garantire la chiusura del ciclo secondo i principi dell’autosufficienza e della prossimità, fermo restando l’impegno dell’Amministrazione per aumentare gradualmente la quota di raccolta differenziata”. Va in questa direzione il conferimento al Sindaco di Roma di “poteri derogatori”, funzionale anche alla gestione dei rifiuti del Giubileo 2025. Anche se, viene sottolineato, che “la messa in opera dell’impianto avverrà presumibilmente solo nel 2027”.

Particolare rilievo è stato dato, per la prima volta, alla produzione e contraffazione di prodotti agroalimentari e agroindustriali. Un comparto centrale nell’economia del nostro Paese con un fatturato di 580 miliardi di euro, il 25% del Pil nazionale, le cui esportazioni secondo l’Istat, registrano un giro d’affari di oltre 64 miliardi di euro. Il settore, purtroppo, è oggetto di fenomeno illeciti. Le organizzazioni criminali “sono spesso in grado di controllare le vendite di determinati marchi e determinati prodotti. In alcuni casi riescono a imporre prezzi di frutta e verdura alla produzione”.

Il fenomeno dell’italian sounding (“ciò che suona italiano, che sembra lo sia senza esserlo, nomi che assomigliano agli originali e traggono in inganno la massa dei consumatori meno avveduti”, definizione Treccani), un valore stimato di 120 miliardi di euro nel mondo, è particolarmente diffuso in Francia, Germania e Paesi Bassi con una pervasività consolidata della criminalità organizzata, nonostante, sotto il profilo dei controlli, l’Unione Europea e le leggi nazionali definiscano procedure rigorose per prevenire la contraffazione e tutelare i prodotti italiani, sia nel mercato interno che internazionale.

Portando il saluto di tutta l’Assemblea, il presidente della Camera dei Deputati Lorenzo Fontana ha ricordato come “le organizzazioni criminali trovino nella gestione delle risorse naturali e nel ciclo dei rifiuti opportunità di enormi profitti a scapito della collettività. Oltre a compromettere la qualità e la sicurezza dei prodotti made in Italy, questi reati minacciano uno dei pilastri della nostra economia e della nostra identità nazionale, con gravi ricadute anche sulla salute dei cittadini”.

 

 

 

 


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