Secondo l’ambasciatore, il nuovo inquilino della Casa Bianca non si sgancerà completamente dal sistema internazionale, ma cambierà solamente le forme di approccio. Anche l’Europa deve prepararsi a tale cambiamento, e in questo Roma può giocare un ruolo cruciale
Attraverso il suo discorso, pronunciato meno di ventiquattro ore fa, il neo-insediato presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha non solo delineato le sue priorità, ma ha anche fornito un blueprint di quella che sarà la sua amministrazione per i quattro anni a venire. Un’amministrazione che, come ha ribadito in più occasioni lui stesso, rappresenterà un momento di forte cesura con quelle che la hanno preceduta. Formiche.net si è rivolta all’ambasciatore e presidente di Mundys Giampiero Massolo, a latere dell’evento organizzato da Formiche e dal Centro Studi Americani proprio sull’insediamento di Trump, per un commento su alcune questioni più specifiche.
Durante il dibattito lei ha sottolineato come si possa evincere che l’amministrazione di Trump non sarà isolazionista ma sarà unilateralista. Può ritornare su questa differenza?
Essere isolazionisti significa essere relativamente indifferenti al mondo circostante, e badare unicamente a quello che succede all’interno dei confini nazionali. Mentre essere unilateralisti significa badare a quello che succede nei confini nazionali, ma avere anche la consapevolezza della propria forza e la disponibilità a farla pesare per influire sui destini del mondo circostante. E la nuova amministrazione americana sarà di quest’ultimo tipo. Con un limite, enunciato ulteriormente da Donald Trump nel suo discorso, quando dice che lui non vuole coinvolgere gli Stati Uniti in conflitti all’estero. E quindi non presenze americane in armi, non coinvolgimento in alleanze troppo che possano portare a coinvolgimenti esterni degli americani ma molto interesse per i destini del mondo. E molto interesse a far valere la propria potenza.
A proposito di alleanze, cosa possiamo aspettarci da Trump riguardo alla gestione dei rapporti con gli alleati storici degli Usa?
È chiaro che un’amministrazione come questa non fa della semplice alleanza un criterio di relazione con i “pari”. Bisognerà provare l’amicizia e l’alleanza. Il che si traduce nel fatto che i Paesi europei verranno messi sotto pressione sia dal punto di vista di quello che intenderanno fare per assumersi responsabilità crescenti e per fare la loro parte con un contributo più rilevante ai bilanci di difesa. Del resto, Trump o non Trump, in una situazione di guerra guerreggiata nel cuore dell’Europa, sicuramente questa via è ineludibile. Inoltre, c’è un’altra questione da tenere in considerazione.
Quale?
Alla questione dell’interscambio commerciale. Trump lamenta che vi è un forte sbilanciamento. Questo entro certi limiti è vero. È finita l’epoca in cui in nome di una comunanza di valori si può essere in profondo credito degli Stati Uniti. Anche da questo punto di vista occorrerà fare uno sforzo.
Come si deve muovere Roma in questo contesto?
Intanto bisogna evitare di rompere la compattezza europea, perché l’Europa è forte in quanto si muove il più possibile unita. Ma allo stesso tempo bisogna anche essere molto rapidi nel giocare su tutti i tavoli, tavoli che non sono necessariamente solo europei ma sono anche bilaterali, sono anche transazionali. E l’Italia da questo punto di vista ha molto da offrire, sia sul piano della sua possibilità di parlare dell’Europa a Trump e di Trump all’Europa, in termini che siano meglio intelligibili da tutte e due le parti.