Per arrivare finalmente a una difesa comune europea occorre che gli Stati membri investano nel bilancio comunitario: senza questo livello di coesione non si riuscirà a raggiungere l’obiettivo. L’Italia può rilanciare la coesione europea sfruttando le buone entrature con l’amministrazione statunitense. Francia e Germania non determineranno più, da sole, le sorti dell’Ue. Colloquio con l’europarlamentare del Ppe, Massimiliano Salini
Venendo meno la forza propulsiva di Francia e Germania, ora l’Italia ha due strade davanti a sé. Sfruttare il suo rapporto privilegiato per “rafforzare la coesione europea, acquistando ancor più autorevolezza nei rapporti con Bruxelles e in generale come player internazionale oppure isolarsi. È chiaro che il governo italiano sia intenzionato a seguire la prima strada”. A dirlo su Formiche.net è l’eurodeputato del Ppe, Massimiliano Salini che, in premessa, fissa come priorità dell’agenda politica dell’Unione la Difesa comune. Con alcuni presupposti irrinunciabili.
Partiamo da Francia e Germania, due Paesi leader per lo meno nei “vecchi” assetti dell’Ue. Questa incertezza politica di entrambi i Paesi che scenario provocherà?
Non saranno più quei due Paesi a determinare, come è stato fino a oggi, le sorti dell’Unione. La stabilità del governo italiano e la solidità dei rapporti tra Italia e Stati Uniti ci conferisce un’oggettiva centralità. A maggior ragione se queste relazioni saranno declinate come le di coesione europea. Oltre al livello politico, c’è un piano più strettamente economico da considerare.
Parigi e Berlino hanno economie fortemente connesse alla nostra…
Sì, ma per quanto in difficoltà ad esempio la nostra manifattura genera un valore aggiunto molto più significativo in rapporto a quella francese. Alcuni scossoni registrati in Germania hanno portato il Paese a vivere un momento di grande crisi. Determinati cicli penso siano irreversibili. Questo ha come effetto un inevitabile riposizionamento del baricentro europeo.
Poco fa ha collocato al vertice delle priorità politiche comunitarie la Difesa. Se ne parla da tanto, si è ottenuto ben poco. Come se lo spiega?
Non c’è dubbio che questo sia il tema al centro delle priorità dell’Ue. Tuttavia fino a ora è sempre stato affrontato con strumenti sbagliati e certamente non all’altezza delle sfide. C’è un passo, grande, che ancora non è stato fatto.
Qualcosa che ha a che fare con bilanci e trattati?
Certamente. Difesa comune europea significa, tra le altre cose, industria della difesa. Ed è per questo che occorrerebbe che i singoli Stati – rinunciando a una parte di entrate – destinassero almeno il 4% del proprio bilancio all’Unione. In questo modo l’Ue potrebbe attingere a risorse sufficienti per poter investire sulla Difesa. Solo raggiungendo questo livello di integrazione riusciremo a traguardare questo obiettivo. Mi rendo conto della complessità del processo, ma è essenziale. Peraltro, abbiamo dei precedenti interessanti che hanno prodotto eccellenti frutti.
A cosa si riferisce?
All’industria spaziale. L’integrazione europea in questo settore, su alcuni progetti specifici, è stata davvero fondamentale producendo infrastrutture che sono diventati modelli di riferimento. Lo stesso sforzo, va fatto sulla difesa: evitare la parcellizzazione.
Anche alla luce di questa priorità, come si configura il rapporto con gli Usa a guida Trump?
L’Ue deve preservare gelosamente le relazioni che la legano indissolubilmente agli Usa. Legame, quest’ultimo, che rappresenta un tratto distintivo della storia politica europea. A mio modo di vedere non esiste autonomia strategica europea che possa prescindere dal rapporto con gli Stati Uniti e viceversa. Chiunque si batta, a destra o a sinistra, contro questa integrazione non può che arrecare danni all’intero blocco occidentale.
Esiste un modello che si contrappone, in particolare sul piano economico, a quello occidentale che è rappresentato dalla Cina.
Il modello cinese rappresenta un sovvertimento dei nostri capisaldi anche economici che presuppongono la centralità della persona, il rispetto dell’ambiente e un’economia sociale di mercato. Pur essendo questi due modelli spesso confliggenti non credo nella logica dello scontro perenne e del protezionismo. In prospettiva, il mercato, avrà bisogno di più spazio non di restrizioni. L’abbattimento delle barriere è dunque fondamentale. Ragione per cui non va disarticolato – anche in ottica di competizione con un colosso come la Cina – il rapporto con gli Stati Uniti.