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L’ombra ibrida del Cremlino sulle democrazie europee. Scrive Borghi

L’Europa deve rispondere con fermezza, non solo per difendere i propri confini fisici, ma anche quelli digitali e cognitivi. La posta in gioco non è solo la sicurezza, ma la tenuta stessa delle nostre democrazie. L’analisi di Enrico Borghi, senatore della Repubblica, membro della commissione Affari esteri e Difesa e del Copasir

L’Europa è sotto attacco. Le nostre democrazie, valori e diritti conquistati nel tempo sono bersagliati da una strategia sofisticata: la guerra ibrida. Questo non è un conflitto convenzionale, ma una battaglia che si combatte con mezzi asimmetrici – disinformazione, propaganda e manipolazione digitale – e che ha un obiettivo preciso: frammentare l’unità occidentale e sfruttare le vulnerabilità dei sistemi democratici. La Russia è in prima linea in questa strategia, seguita da altri Paesi come Iran e Cina, che mirano a destabilizzare il Vecchio continente.

Le recenti elezioni presidenziali in Romania sono un esempio lampante di come la disinformazione possa minare le istituzioni democratiche. La sorprendente vittoria al primo turno di un “underdog”, il candidato filorusso Calin Georgescu, è stata favorita da una campagna di fake news orchestrata attraverso account anonimi e una rete di influencer sulla diffusissima piattaforma TikTok. La reazione dei servizi segreti rumeni, che hanno hanno diffuso un rapporto molto netto sulle risorse finanziarie e tecnologiche mobilitate dalla Russia per ottenere il risultato, ha portato a una decisione senza precedenti: l’annullamento del primo turno elettorale.

È la prima volta, dall’annus horribilis 2016 – l’anno della Brexit, di Cambridge analytica, della vittoria di Trump e del referendum costituzionale in Italia – che un processo democratico viene invalidato per l’azione di una guerra ibrida. Non molto lontano dalla Romania, la Moldavia, Paese già fragile per la sua posizione geografica e politica, economia tra le più deboli d’Europa, è stata bersaglio facile di una campagna propagandistica russa volta a delegittimare il governo filo-occidentale di Maia Sandu.

La narrativa dominante promossa dai media filo-russi ha dipinto un’Europa disinteressata e una Russia come unico alleato affidabile, influenzando non solo l’opinione pubblica, ma anche il corso delle elezioni. Si è arrivati così ad una vittoria del referendum sull’adesione all’Unione europea sul filo del rasoio, grazie solo al voto compatto della “diaspora”, i moldavi all’estero. Ma la campagna è stata segnata da accuse di compravendita di voti e mobilitazione di risorse finanziarie opache.

Anche in questo caso, ci sono già stati arresti e sono in corso indagini che potrebbero portare a sviluppi significativi. In Germania, l’attentato al mercato natalizio di Magdeburgo con il suo macabro esito, ha rivelato un’altra faccia delle conseguenze della guerra ibrida. L’attentatore saudita, un ex musulmano radicalizzato da propaganda xenofoba e islamofoba, ha trovato su X, la piattaforma di Elon Musk, una conferma per le sue folli idee estremiste.

Prima che emergessero le sue reali motivazioni, la narrativa dominante su X attribuiva immediatamente la colpa all’Islam, alimentando il consenso per l’estrema destra dell’AfD, già in crescita in vista delle elezioni di febbraio e proponendo esplicitamente loro come unica soluzione per risolvere i problemi del Paese. Di fronte a tre episodi così gravi, non possiamo stare a guardare, tanto più che non sono certamente isolati: nel Regno Unito, in Irlanda e in Francia, tra la primavera e l’estate scorsa abbiamo assistito a rivolte xenofobe capeggiate da una destra estrema e amplificate dai social network, in particolare da X e TikTok.

In Slovacchia ha vinto le elezioni un candidato filo-russo emulo di Orbán, grazie a una pesante campagna di disinformazione antioccidentale. L’Italia non è immune da tutto ciò e le leggi e le proposte di legge sono sul tavolo. Abbiamo un Digital service act che va applicato con rigore sia a livello europeo che a livello nazionale, ad iniziare dalle due piattaforme – TikTok e X/Twitter– che non stanno dando sufficienti garanzie in merito alla moderazione dei contenuti e alla neutralità dell’algoritmo.

Anzi, gli studi su entrambe le piattaforme, indicano con chiarezza che l’algoritmo spinge contenuti polarizzati a destra ed estrema destra del quadrante politico. Abbiamo un regolamento sulla pubblicità politica, il cui relatore è stato l’europarlamentare italo-francese Sandro Gozi, che avrebbe evitato una parte dei problemi in Romania, obbligando gli influencer mobilitati a dichiarare i loro compensi e la loro provenienza.

Abbiamo una proposta di legge, che ho presentato quasi un anno fa al Senato, per l’istituzione di una agenzia nazionale sulla disinformazione e la sicurezza cognitiva, che darebbe finalmente al nostro Paese un primo strumento di protezione della qualità del dibattito politico, nella totale protezione del diritto di pensiero e di parola ma contro le interferenze straniere e russe in particolare.

Se non agiamo ora, rischiamo di vedere il nostro Paese diventare il prossimo obiettivo di queste strategie di destabilizzazione. L’Europa deve rispondere con fermezza, non solo per difendere i propri confini fisici, ma anche quelli digitali e cognitivi. La posta in gioco non è solo la sicurezza, ma la tenuta stessa delle nostre democrazie.

Formiche 209


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