La competizione tra Stati Uniti e Cina per le terre rare coinvolge la Groenlandia, dove Washington, con il supporto di Copenaghen, ha ostacolato l’acquisizione di giacimenti da parte di aziende cinesi
Il confronto tra Washington e Pechino passa anche dalla Groenlandia. E lo fa da prima che la grande regione settentrionale tornasse sulle prime pagine dei giornali in seguito alle dichiarazioni del presidente statunitense entrante Donald Trump sulla sua intenzione di portare quel territorio sotto il controllo degli Stati Uniti, con le buone o con le cattive. Per una questione di supply chain.
Un’inchiesta realizzata da Reuters rivela infatti che l’anno scorso funzionari statunitensi e danesi hanno spinto per evitare che la società responsabile del più grande giacimento di terre rare della Groenlandia fosse venduta a imprese legate alla Cina. Greg Barnes, amministratore delegato della società Tanbreez Mining, ha affermato che funzionari statunitensi hanno fatto visita almeno due volte nel corso dello scorso anno al giacimento sito nel sud della Groenlandia, e che abbiano ripetutamente espresso il loro interesse affinché la società, in un periodo di difficoltà economiche, non vendesse il grande deposito a un acquirente legato più o meno direttamente alla Repubblica Popolare. Facile capire il perché: le terre rare hanno forti proprietà magnetiche che le rendono fondamentali per le industrie high-tech, dai veicoli elettrici ai sistemi missilistici. Al momento la Cina dispone di controllo quasi monopolistico sulla loro estrazione e lavorazione, ma Washington è fortemente intenzionata ad abbattere lo pseudo-monopolio di Zongnanhai.
Anche optando per soluzioni apparentemente anti-economiche. Il direttore di ricerca della società di consulenza mineraria Project Blue David Merriman nota come “sebbene le dimensioni di Tanbreez siano significative, il grado e la mineralogia non fanno gridare al miracolo” e ritiene bassa la possibilità che il progetto raggiunga la produzione commerciale, data la sua complessa mineralogia.
Alla fine Barnes ha optato per la società Critical Metals (basata a New York) come acquirente di Tanbreez, avviando la negoziazione di un complesso accordo che dovrebbe essere raggiunto nel corso dell’anno dell’anno appena iniziato. Barnes ha accettato un pagamento di 5 milioni di dollari in contanti e 211 milioni di dollari in azioni Critical Metals per Tanbreez, un’offerta molto meno sostanziosa di quelle avanzate da alcune aziende legate alla Cina, le quali non avevano però delineato chiaramente le modalità di pagamento. Già dal prossimo anno Tanbreez mira a estrarre 500.000 tonnellate annue di eudialite, un minerale cremisi contenente terre rare.
Energy Transition Minerals, un altro progetto per l’estrazione di terre rare in Groenlandia che conta la cinese Shenghe come maggiore azionista, si è arenato a causa di lunghe controversie legali. Ma non è l’unica società ad aver subito rallentamenti. L’anno scorso la stessa Critical Metals ha chiesto al Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti un finanziamento per lo sviluppo di un impianto di lavorazione delle terre rare; tuttavia, il processo di revisione si è arenato in vista dell’insediamento di Trump il 20 gennaio. Sage ha detto che si aspetta che i colloqui riprendano dopo l’insediamento di Trump e che il team di transizione di Trump lo ha già contattato, affermando inoltre che “stiamo già discutendo con gli Stati Uniti per vendere (terre rare) agli Stati Uniti e costruire l’impianto di lavorazione negli Stati Uniti”.