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Il Canale di Suez si espande, tra sfide strategiche e destabilizzazioni

L’Egitto punta sul futuro del Canale di Suez con nuove espansioni, ma le sfide geopolitiche e securitarie, che hanno prodotto la diminuzione dei ricavi, rappresentano un ostacolo. Security tool come l’IndoMed Quad sarebbero cruciali per mantenere in ordine il corridoio

Il Canale di Suez, arteria vitale per il commercio globale che collega Europa e Asia attraverso il Mar Rosso, continua ad evolversi per rispondere alle sfide del presente e del futuro. L’obiettivo è restare il principale passaggio per le interconnessioni geoeconomia e geostrategiche tra i due continenti (e dall’Atlantico), davanti alla destabilizzazione prodotta dagli attacchi degli Houthi ai navigli commerciali e alla costruzione di nuove rotte come IMEC e come quella artica.

Sabato, l’Egitto ha annunciato il successo del test di un nuovo tratto di 10 km, situato nella parte meridionale della via d’acqua indo-mediterranea. Durante la prova, due navi hanno attraversato senza incidenti il nuovo segmento, che fa parte della sezione a doppio senso del canale. Il nuovo progetto amplia la sezione a doppio senso da 72 km a 82 km, aumentando la capacità del canale di gestire tra 6 e 8 navi in più al giorno e migliorando la sua resilienza in caso di emergenze. Questa espansione è una risposta diretta agli eventi del 2021, quando il blocco causato dall’incagliamento della nave Ever Given paralizzò il traffico commerciale per sei giorni, causando perdite economiche ingenti.

Un calo drastico dei ricavi

I progressi infrastrutturali si inquadrano in un contesto in cui i ricavi del Canale di Suez hanno subito un drastico calo nel 2024, con una perdita stimata di 7 miliardi di dollari, pari a una diminuzione superiore al 60% rispetto al 2023. Questa crisi è direttamente attribuibile agli attacchi dei militanti Houthi nello strategico Mar Rosso. Dal novembre 2023, i ribelli yemeniti, in solidarietà con i gruppi palestinesi nella Striscia di Gaza, hanno preso di mira le navi commerciali che transitano nella regione, minacciando la sicurezza delle rotte marittime.

Diverse compagnie hanno deviato i loro traffici tornando sulla rotta dí circumnavigazione africana, più lunga dunque più costosa per assicurazioni, rischi e tempi di consegna. La scelta non crea soltanto una questione commerciale, ma apre a un contesto più articolato. Le navi che dall’Asia arrivano in Europa circumnavigando l’Africa approdano direttamente nei porti atlantici dell’Europa settentrionale. Dinamica che taglia fuori il Mediterraneo, rendendolo un bacino limitato solo ai traffici locali e non più lo snodo per l’ingresso nel mercato europeo.

Le implicazioni geopolitiche

Tale riduzione delle entrate del Canale di Suez non è solo una questione economica, ma riflette anche tensioni geopolitiche regionali. Il Mar Rosso, crocevia strategico per il commercio mondiale, è al centro di conflitti che coinvolgono diversi attori regionali e internazionali. Israele sta ormai espandendo all’Indo-Mediterraneo lo scontro con i nemici che circondano lo Stato ebraico, il Corno d’Africa resta inquieto, lo Yemen tutt’altro che stabilizzato, il Sudan una piaga (anche umanitaria).

Per la prospettiva egiziana, è in corso una sfida cruciale, considerando che il Canale di Suez è una delle principali fonti di valuta estera per il Paese. Il presidente Abdel Fattah al Sisi non perde occasione per parlare dell’impatto di queste “sfide regionali” sull’economia del Cairo, ribadendo l’urgenza di trovare soluzioni sia a livello infrastrutturale che diplomatico. Oltre alla recente espansione, il governo egiziano sta considerando ulteriori progetti per migliorare la capacità del canale e ridurre la vulnerabilità agli shock geopolitici. Tuttavia, questi piani richiederanno ingenti investimenti: progetti su cui Sisi mira a coinvolgere i partner del Golfo, ma anche quelli extra regionali, come gli asiatici). Ma c’è una consapevolezza: serve un contesto politico più stabile per poter realizzare i piani e prima ancora smuovere gli investimenti.

Strategie di lungo termine

Se è vero che il Canale di Suez rimarrà comunque una risorsa indispensabile per il commercio globale (perché anche i piani alternativi, come IMEC, sono pensati per scaricare aliquote del peso che grava sul corridoio egiziano, non per sostituirlo), è altrettanto vero che la sua centralità lo rende anche particolarmente vulnerabile agli eventi geopolitici. Basta pensare, per fare un altro esempio, che nei mesi scorsi tre dei diciannove cavi internet e sottomarini che passano dal chokepoint sono finiti tranciati, poco a sud, dall’ancora di una bulk carrier colpita (e poi affondata) dagli Houthi, abbandonata alla deriva nel Mar Rosso. Le nuove espansioni rappresentano un passo avanti importante, “ma per l’Egitto sarà fondamentale affrontare le cause profonde della crisi attuale, lavorando su strategie di sicurezza regionale e cooperazione internazionale”, spiega una fonte da una delle società finanziarie che seguono i progetti di sviluppo regionali.

L’espansione del Canale di Suez si inserisce in definitiva in un contesto strategico ampio, caratterizzato soprattutto da sfide significative in termini di sicurezza marittima. Gli attacchi degli Houthi nel Mar Rosso e la rinascita della pirateria nell’area indo-mediterranea pongono le principali gravi minacce alla navigazione. In risposta, l’Unione Europea ha avviato l’Operazione Aspides per proteggere le navi mercantili dagli attacchi degli Houthi e ampliato il manato dell’Operazione Atalanta, che combatte la pirateria nelle acque prospicienti il Corno d’Africa. Queste iniziative evidenziano l’importanza di una cooperazione internazionale rafforzata per garantire la sicurezza di quelle rotte. Sicurezza che dipende anche dalla capacità di esercitare deterrenza sugli attori direttamente coinvolti e suo loro dante causa. Formati come l’IndoMed Quad – che include Emirati Arabi, Italia, Stati Uniti e India – potrebbero svolgere un ruolo cruciale come security tool dinamici, in grado di coinvolgere facilmente anche altri player cruciali, come appunto l’Egitto.


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