Scarcerato nel 2011 insieme ad altri 1026 prigionieri palestinesi in cambio del soldato israeliano Gilad Shalit, Sinwar è diventato il leader di Hamas, guidando la pianificazione del massacro del 7 ottobre 2023. Un precedente che torna alla memoria oggi. Il commento di Marco Mayer
Il caso di Yahya Sinwar è un esempio emblematico delle sfide che i servizi di intelligence di tutto il mondo affrontano quando si tratta di profilare e valutare leader estremisti. La sua liberazione nel 2011, insieme ad altri 1026 prigionieri palestinesi, in cambio del soldato israeliano Gilad Shalit, ha innescato una reazione a catena culminata nel massacro del 7 ottobre 2023, il più grave attentato contro il popolo ebraico dalla Shoah.
Dopo la scarcerazione e le cure ricevute da medici israeliani per una grave malattia, Sinwar ha rapidamente scalato le gerarchie di Hamas, diventandone leader. Da questa posizione, è stato l’artefice principale della pianificazione e dell’esecuzione degli attacchi e dei rapimenti di quella tragica giornata.
Una domanda cruciale persiste: le capacità organizzative e di leadership di Sinwar sono state sottovalutate? È troppo facile, col senno di poi, affermare che sarebbe stato meglio mantenerlo in prigione. Tuttavia, il tema della profilazione e della selezione dei prigionieri palestinesi da scambiare torna di drammatica attualità.
Oggi, mentre i primi 97 prigionieri palestinesi sono stati rilasciati nell’ambito dell’accordo di cessate il fuoco per Gaza, l’attenzione si concentra su un dato inquietante: il rilascio complessivo di 1904 miliziani di Hamas in cambio di 98 ostaggi israeliani. Questo squilibrio alimenta il timore che quasi 2000 combattenti possano rafforzare le capacità militari di Hamas, attualmente indebolite.
Monitorare i movimenti e i comportamenti di questi miliziani sarà una sfida colossale, un’autentica “missione impossibile”. Nonostante ciò, Israele non può esimersi dal tentare, coordinandosi strettamente con Paesi amici e alleati.
Il quadrangolo composto da Iran, Hamas, Houthi e Hezbollah rappresenta una minaccia gravissima non solo per Israele, ma per tutte le democrazie del mondo, Italia inclusa. In questo contesto, una cooperazione efficace tra i servizi di intelligence del mondo libero è non solo necessaria, ma imperativa per prevenire ulteriori tragedie e contrastare il terrorismo su scala globale.
(Foto: Khamenei.ir)