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La carta italiana con Trump? L’Indo-Mediterraneo. Parola di Kaush Arha

“L’Italia, grazie alla sua posizione geografica e alla stabilità politica, ha l’opportunità di assumere un ruolo di primo piano come piattaforma di cooperazione per lo sviluppo economico e la sicurezza nell’Indo-Mediterraneo, e la crescente attenzione di Washington al fianco meridionale e soprattutto orientale della Nato apre spazi per ulteriori attività”. Intervista a Kaush Arha, nonresident senior fellow dell’Atlantic Council ed esperto di studi internazionali con un passato nelle amministrazioni Usa

L’Italia dovrebbe diventare il punto di riferimento nell’Indo-Mediterraneo, ossia la regione di mondo dove si creano le interconnessioni tra Med-Atlantico e Indo-Pacifico: sfruttando il suo naturale posizionamento geografico, potrebbe in questo modo rafforzare l’interesse nazionale, la proiezione internazionale e rappresentare una sponda strategica per l’amministrazione Trump. Kaush Arha, nonresident senior fellow dell’Atlantic Council ed esperto di studi internazionali con un passato nelle amministrazioni Usa, non ha dubbi sul senso che il governo Meloni deve dare al nostro Paese. A maggior ragione adesso, “è questo il momentum”, con l’inizio della nuova presidenza di Donald Trump e la stabilità dell’esecutivo italiano – aspetto che lo rende più funzionale dei governi di altri Paesi europei.

In un recente editoriale per The National Interest, ha scritto che “il presidente Trump ha in mano le carte per rimodellare il mondo”. Perché?

Trump torna alla Casa Bianca in un momento di grande fluidità geopolitica, con i principali avversari sostanzialmente indeboliti e nuove opportunità per ridefinire gli equilibri globali. Il Medio Oriente potrebbe essere trasformato da un’area di conflitto a una regione di pace e prosperità, mentre in Europa orientale la sicurezza e l’economia possono essere rafforzate, con un’attenzione particolare all’area del Mar Nero. Inoltre, la crescente accessibilità dell’Artico, dovuta ai cambiamenti climatici e alle pressioni geopolitiche, rappresenta un’opportunità strategica dove dobbiamo proteggere un ‘Free North’. Trump ha la possibilità di ridefinire le partnership, promuovendo un nuovo assetto di sicurezza ed economico che colleghi l’Indo-Pacifico, il Mediterraneo, l’Atlantico e la regione del Nord.

Trump come affronterà la competizione totale Usa-Cina?

Probabilmente adotterà un approccio ancora più deciso nei confronti di Pechino, rafforzando le alleanze nell’Indo-Pacifico e cercando di trasformare gli accordi bilaterali esistenti in un quadro di sicurezza collettiva. Il suo obiettivo sarà quello di creare un sistema più coeso, promuovendo una maggiore condivisione degli oneri e un incremento della cooperazione economica e militare per contrastare l’influenza cinese nella regione. Non è un caso se il segretario Rubio ha guidato, come primo passo ufficiale dell’amministrazione, la riunione del Quad (il dialogo sulla sicurezza a quattro tra Usa, India, Giappone e Australia, ndr).

Quale ruolo può svolgere l’Italia nella big-picture delineata?

L’Italia, grazie alla sua posizione geografica e alla stabilità politica, ha l’opportunità di assumere un ruolo di primo piano come piattaforma di cooperazione per lo sviluppo economico e la sicurezza nell’Indo-Mediterraneo, e la crescente attenzione di Washington al fianco meridionale e soprattutto orientale della Nato apre spazi per ulteriori attività italiane.

Quali opportunità può cogliere Roma in questo contesto geopolitico?

Prendiamo per esempio Imec, il corridoio geopolitico-infrastrutturale che con una catena di porti, strade, ferrovie e aeroporti legherà India, Medio Oriente ed Europa: offre un’opportunità unica per valorizzare infrastrutture come il porto di Trieste, che potrebbe diventare un punto d’ingresso privilegiato per le merci provenienti dall’India e dal Golfo, fungendo da ‘porto per l’Europa’ con un chiaro, netto vantaggio per l’Italia. Attorno a Trieste si snoda una caratteristica unica: la possibilità di collegare l’Europa orientale, in particolare la regione tra il Baltico, l’Adriatico e il Mar Nero (nota anche come Three Seas, ndr), con l’Indo-Mediterraneo, quindi con l’Indo-Pacifico. Se Roma gioca questo ruolo, non solo si rafforzerebbe il peso dell’Italia in Europa, ma si renderebbe anche un interlocutore essenziale per gli Stati Uniti e i partner regionali.

Considerando il nuovo slancio di Imec dopo il cessate il fuoco a Gaza, anche pensando all’ottica grand-strategica degli Accordi di Abramo, si può immaginare che Trump continuerà a sostenere questo progetto?

Non c’è ragione di pensare che l’amministrazione Trump non veda Imec come strategico. Se si connettono queste aree di libero scambio – l’Indo-Pacifico, l’Indo-Mediterraneo, l’Europa orientale e il Free North – si può ottenere un riallineamento sostenibile degli interessi geoeconomici, geopolitici e di sicurezza, capace tra l’altro di relegare la Belt and Road Initiative cinese a una nota a piè di pagina nella storia. L’Italia, in questo scenario, può posizionarsi come il principale hub europeo del corridoio, offrendo infrastrutture logistiche avanzate e una posizione chiave per l’accesso ai mercati europei. Inoltre, la capacità italiana nel settore energetico e della cantieristica navale potrebbe essere determinante nello sviluppo di altri progetti congiunti nell’Indo-Mediterraneo, all’interno dei quali a quel punto sarebbe consequenziale includere anche strategie come il Piano Mattei.


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