Serve una svolta culturale e politica per rilanciare la prospettiva di uno Stato palestinese, seguendo l’esempio di Gandhi e della sua lotta non violenta. L’appello di Marco Mayer
Alla vigilia del cessate il fuoco a Gaza sento il dovere di ricordare gli incontri di pace in Toscana (a Montecatini e a Pisa) e in Giordania, sul Mar Morto, promossi congiuntamente da Riad Malki, attuale ministro degli Esteri dell’Autorità nazionale palestinese, e dal compianto Ron Pundak, uno dei più abili negoziatori di Oslo per la delegazione israeliana.
Sono trascorsi più di 15 anni dal coraggioso ciclo di conferenze bilaterali Forum for Peace, un’iniziativa basata sulla multi-track diplomacy “people to people”, che ha coinvolto numerosi e importanti esponenti della società civile israeliana e palestinese.
L’auspicio è che, con i tempi necessari, il cessate il fuoco offra l’opportunità di riprendere il filo sottile ma cruciale dei contatti bilaterali riservati, preludio a una rinnovata diplomazia pubblica.
Tuttavia, nella cornice delineata dal cessate il fuoco, è giunto il momento di affrontare apertamente la questione nazionale palestinese, una verità ormai evidente. Più si alimentano la cultura del martirio, la violenza antisemita e la lotta armata per la distruzione di Israele, più la soluzione della questione palestinese si allontana.
Dal golpe di Hamas nella Striscia di Gaza del 2007, anziché lavorare per la creazione di uno Stato palestinese, si è perseguito l’obiettivo della distruzione di Israele. Questo è dimostrato inequivocabilmente dal massacro del 7 ottobre e dalle dichiarazioni pubbliche delle massime autorità politiche e religiose iraniane.
Alla luce di queste realtà, è necessario un cambio di paradigma. Con commozione, ricordo i momenti di intenso dialogo e rivolgo un appello pubblico al ministro Malki: serve un atto di coraggio che segni una svolta politica e culturale. Al netto degli inaccettabili comportamenti dei coloni abusivi israeliani, che esulano da questo articolo, l’opinione pubblica deve comprendere che per riaprire una prospettiva politica e diplomatica favorevole alla creazione di uno Stato palestinese è indispensabile una rivoluzione copernicana. Sarebbe una mossa di portata storica se una figura autorevole come Malki, insieme ad altri leader palestinesi, promuovesse questo cambiamento.
La lotta per l’indipendenza dell’India dall’Impero britannico è un esempio straordinario: perché non riscoprire la determinazione di Mahatma Gandhi e rifondare su basi nuove e non violente il movimento per la creazione dello Stato palestinese?