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Lo schema di Minsk per la guerra ibrida che sfrutta i migranti contro l’Ue

L’inchiesta di Politico apporta documenti, intercettazioni e dichiarazioni in anonimato come prove del fatto che Minsk abbia orchestrato l’afflusso di migranti in Bielorussia per favorire attraversamenti illegali delle frontiere europee

Nella guerra ibrida, anche i migranti sono un’arma. E sono un’arma estremamente efficace. Non stupisce dunque che nel corso degli ultimi anni si siano accumulati sospetti nei confronti di un piano di Minsk per sfruttare i flussi migratori al fine di destabilizzare l’Unione europea. Sospetti che sono stati confermati da un’inchiesta, condotta per la testata Politico da Tatsiana Ashurkevich, dove vengono riportati i contenuti di documenti governativi e di alcune telefonate tra funzionari bielorussi che certificano l’esistenza di uno “schema” per canalizzare i flussi migratori a scapito dell’Unione europea.

L’origine di questo piano risalirebbe al periodo successivo all’imposizione delle sanzioni occidentali contro la Bielorussia, che erano state comminate per via della repressione delle proteste contro la rielezione per il sesto mandato dell’autocrate Aleksandr Lukashenko, in una tornata elettorale considerata come fraudolenta. Pubblicamente, Lukashenko aveva dichiarato che la Bielorussia avrebbe “interrotto gli sforzi” per contenere il flusso di narcotici e migranti attraverso il confine con l’Ue. Ma l’atteggiamento assunto da Minsk non è stato solamente passivo, anzi.

I giornalisti di Politico hanno ricostruito come in alcuni Paesi del Medio Oriente come l’Iraq (ma non solo) venne avviata una campagna per promuovere viaggi in Bielorussia, apparentemente con scopi che spaziavano dai viaggi d’affari al turismo e alle cure mediche; tuttavia, molti migranti hanno riferito di essersi recati nel Paese dell’Est Europa dopo aver ricevuto la promessa non ufficiale di un facile attraversamento dei confini con l’Ue. Non a caso, molte persone arrivate attraverso questi canali a Minsk non avevano con sé alcun bagaglio.

Ma dall’estate del 2021 i media indipendenti bielorussi e quelli occidentali hanno iniziato a notare l’alto numero di migranti presenti in Bielorussia, ricostruendo la catena di movimenti in entrata dagli altri Paesi, così come il collegamento con l’incremento di attraversamenti illegali del confine. Alcune intercettazioni di telefonate risalenti a quel periodo tra esponenti delle agenzie turistiche che favorivano l’afflusso di migranti mostrano una certa preoccupazione nel poter negare i loro collegamenti con gli apparati governativi.

Nello stesso periodo, c’è stata anche una trasformazione degli atteggiamenti delle autorità e die corpi di sicurezza bielorussi: se in un primo momento si limitavano a non ostacolare i migranti che tentavano di valicare i confini europei, ad un certo punto hanno iniziato a favorire il verificarsi di questo tipo di dinamiche.  “Dall’intero staff sono stati selezionati alcuni dipendenti per garantire il passaggio senza ostacoli dei migranti e dei loro accompagnatori al confine di Stato” ha dichiarato una guardia di frontiera in servizio interpellata dal team della Ashkurevich. I migranti venivano trasportati in veicoli privati fino al confine, dove venivano accolti dai membri dell’Asam (Servizio separato di misure attive), un’unità speciale delle guardie di frontiera bielorusse, i quali li guidavano verso specifici punti di attraversamento della frontiera.

“All’inizio non c’era alcuna struttura: andavano avanti in modo disorganizzato”, racconta un’altra guardia di frontiera contattata da Politico, “Lo schema è stato poi perfezionato, e le loro azioni sono diventate più calcolate”. Gruppi più piccoli, abiti adatti alle basse temperature, cesoie e tenaglie. Se il primo tentativo falliva, più tardi ve ne era un secondo. Se anche questo tentativo falliva di nuovo, si riprovava di nuovo, usando un gruppo come esca, mentre unità più piccole cercavano di attraversare le aree meno sorvegliate. Se venivano individuati dalle autorità polacche, lituane o lettoni, i migranti si ritiravano nella foresta in attesa di ulteriori istruzioni.

La situazione è presto balzata agli onori della cronaca internazionale perché Polonia, Lettonia e Lituania hanno cercato di bloccare l’ingresso dei migranti, lasciandone migliaia intrappolati al confine. Una terza guardia di frontiera, ha detto che alcuni migranti, esausti dopo essere rimasti per giorni senza cibo, erano pronti a prendere d’assalto il confine, mentre altri cercavano di tornare in Bielorussia. “Se hanno scelto di tornare, sono stati trattenuti dalla parte bielorussa e trattati come animali. Chiunque tentasse di tornare veniva trascinato al confine e picchiato”.

Lo “schema” continua ancora oggi, secondo una delle guardie ancora in servizio. Ma invece di sovraccaricare il confine, il regime di Lukashenko si concentra sulla “qualità piuttosto che sulla quantità[…] I migranti devono essere controllati per evitare che si disperdano nel Paese. Per questo i flussi sono diminuiti, ma l’organizzazione e la preparazione sono chiaramente migliorate”.

Da allora, secondo la ong Human Constanta, si contano almeno centoventi vittime lungo il confine che divide la Bielorussia dalla Polonia, dalla Lituania e dalla Lettonia. Le guardie di frontiera polacche ed europee sono state accusate di respingere illegalmente i migranti, con Varsavia che nell’estate a venire intende sigillare l’intero confine con la Bielorussia nel tentativo di chiudere la rotta migratoria. “È chiaro: questa è la vendetta di Lukashenko per l’imposizione delle sanzioni. Continuerà finché l’Ue reagirà a tutti gli orrori in Bielorussia” è il lapidario commento di una delle guardie bielorusse riportato nell’articolo di Ashkurevich.


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