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Mattarella e il riferimento popperiano a giovani, web e violenza

Cosa si ricava unendo alcuni dei molti temi attorno a cui si è articolato il pur breve discorso di fine anno del Presidente della Repubblica. I punti sono: “Fiducia”, “speranza”, “giovani”, “violenza” e “Web”. La lettura di Cangini

Un discorso popperiano. Nel senso di Karl Popper, il filosofo liberale britannico. È quel che si ricava unendo alcuni dei molti punti attorno a cui si è articolato il pur breve discorso di fine anno del Presidente della Repubblica. I punti sono: “Fiducia”, “speranza”, “giovani”, “violenza” e “Web”.

Fiducia e speranza sono state le parole più ricorrenti nel discorso di Sergio Mattarella. Parole che evocano sentimenti essenziali per il benessere presente delle società e per la costruzione del futuro. Sentimenti che Karl Popper metteva in conflitto con l’approccio storicistico degli intellettuali neo e post marxisti e con i riflessi condizionati di un sistema dell’informazione allora dominato dalla televisione. Un sistema strutturalmente incapace di raccontare il benessere che deriva dal vivere nelle società liberaldemocratiche occidentali governate dai principi dello Stato di diritto; un sistema che diffonde ed esalta la paura, l’ansia, la violenza.“Lo Stato di diritto – diceva Karl Popper nella bella intervista rilasciata a Giancarlo Bosetti pubblicata nel volume La lezione di questo secolo – consiste prima di tutto nell’eliminare la violenza”.

Ma se il sistema dell’informazione in generale e la televisione in particolare “educano i nostri bambini alla violenza” noi neghiamo e frantumiamo le ragioni della coesione sociale e “sabotiamo la nostra civilizzazione”. Per questo, aggiungeva il Grande Liberale, “purtroppo abbiamo bisogno della censura”.

La televisione come strumento di informazione e di intrattenimento è stata oggi, di fatto, sostituita dai social network e non c’è studio scientifico pubblicato a livello nazionale o internazionale che non attribuisca ai social network il dilagare di odio, aggressività, sfiducia, ansia e violenza soprattutto tra i giovani. “La violenza giovanile è purtroppo alimentata dal Web” e sul Web si moltiplicano le “aggressioni ai ragazzi”, ha detto Sergio Mattarella. E l’ha detto con il pathos di chi percepisce il grave “disagio dei giovani” e lo considera il male principale che affligge le società contemporanee.

Noi, diceva Karl Popper, “viviamo oggi in un mondo molto migliore rispetto al passato, ma il nostro mondo è minacciato da un’educazione folle”: l’educazione che passa attraverso il mezzo televisivo. Riconnettere l’informazione televisiva alla realtà emendandola da quel surplus nocivo di violenza, divisioni e pessimismo era, secondo Popper, un “dovere morale”. Vogliamo credere che secondo Sergio Mattarella analogo dovere riguardi oggi il rapporto tra le classi dirigenti, quel che resta dell’informazione tradizionale e, soprattutto, i gestori dei social network.

Si tratta di un’operazione complessa, che sfida il rischio dell’impopolarità, incoraggia l’uso della “censura” e si espone all’accusa, evidentemente falsa, di illiberalismo. Ma si tratta di un’operazione necessaria, se vogliamo che “la fiducia e la speranza” con cui Sergio Mattarella ha aperto e chiuso il proprio discorso di fine anno tornino ad essere sentimenti diffusi tra i giovani. Se vogliamo, cioè, assicurare un futuro ai principi e alle libertà su cui si fonda lo Stato di diritto occidentale.

In Parlamento sono stati depositati diversi disegni di legge finalizzati a questo scopo: che vengano discussi con il massimo della serietà e della competenza di cui le forze politiche di maggioranza e di opposizione sono capaci.


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