Skip to main content

Mgcs, cosa dice l’accordo industriale per il carro franco-tedesco

Il carro franco-tedesco si farà, o almeno questo rimane l’obiettivo. Dopo una lunga serie di disaccordi, le società di Francia e Germania hanno raggiunto un accordo sul Main ground combat system: equa ripartizione delle quote e del workshare. Ora viene il momento di consolidare il progetto, mentre rimane poco chiaro se e quando la cordata verrà aperta anche ad altri Paesi

Dopo anni di arresti e ripartenze, sembra che qualcosa si stia muovendo sul fronte del nuovo carro armato franco-tedesco. A sorpresa è stato firmato un accordo a quattro tra KNDS Deutschland, KNDS France, Rheinmetall e Thales per la costituzione di una nuova società che sarà responsabile dello sviluppo e della produzione del Main ground combat system (Mgcs), nome ufficiale dell’ipotetico carro franco-tedesco di nuova generazione che dovrebbe rimpiazzare i Leopard 2 tedeschi e i Leclerc francesi entro il 2040, oltre a rappresentare il punto di riferimento per le future forze terrestri del Vecchio continente. In base a quanto noto, le quote della nuova azienda saranno equamente ripartite (25% a ogni parte) e il workshare sarà diviso al 50% tra Francia e Germania, mentre la sede si troverà a Colonia. La nuova azienda sarà il principale referente per la seconda fase del programma Mgcs, che prevede di consolidare il concept e le caratteristiche tecnologiche di base del sistema. 

Uno programma travagliato

Il passo in avanti nella collaborazione franco-tedesca giunge a sorpresa. Infatti, negli anni, il programma Mgcs è stato soggetto a molteplici sospensioni, discussioni e arresti dettati da incompatibilità tra i decisori francesi e tedeschi. In questo genere di programmi, i punti di maggior frizione sono solitamente rappresentati da tre fattori: finalità operative, destinazioni di export e ripartizione del lavoro. I disaccordi tra Francia e Germania su questi punti hanno più volte portato a sospettare che l’Mgcs si sarebbe concluso con un nulla di fatto, allungando i tempi di sviluppo previsti e dissuadendo diversi Paesi dal valutarlo come una possibile opzione per rinnovare i propri parchi mezzi. Le cose hanno iniziato a sbloccarsi nella primavera del 2024, quando i governi di Parigi e Berlino hanno raggiunto un accordo preliminare sulla ripartizione del lavoro. Ora, con l’accordo tra le aziende per mettere in piedi una joint venture paritetica, sembra che i disaccordi siano destinati a cessare definitivamente e che si sia trovata la quadra su un progetto unico, di cui però non sono stati resi pubblici i dettagli. L’operazione è ancora in fase embrionale, ma l’aver superato lo scoglio della ripartizione del workshare rappresenta un indubbio passo in avanti che segnala la volontà di procedere con lo sviluppo di un sistema unico. Se l’operazione dovesse riuscire, si potrebbe assistere alla nascita (a lungo invocata) di un grande campione continentale nell’ambito dei sistemi terrestri, indispensabile per ridurre la storica frammentazione dell’industria europea. 

Quali prospettive adesso per il nuovo carro italiano?

Rheinmetall si è recentemente impegnata, tramite la nuova joint venture con Leonardo, anche su un altro progetto per un Main battle tank (Mbt) di nuova generazione per l’Esercito italiano. Il nuovo mezzo, attualmente allo studio da parte di Italia e Germania, sarà basato sul Panther KF-51 di Rheinmetall e includerà una serie di accorgimenti personalizzati sulla base delle necessità delle Forze armate italiane. Più volte, specialmente di fronte alle indecisioni e ai dubbi sul programma Mgcs, si è pensato che il venturo carro italo-tedesco avrebbe potuto rappresentare una valida alternativa come base su cui sviluppare un futuro carro comune europeo. Ora che l’Mgcs sembra essere tornato in gara, resta da capire se i partner vorranno aprirsi all’ingresso di altri attori nella cordata. Il punto su questo rimane dirimente, dato l’ambizioso obiettivo di ridurre la frammentazione industriale e di equipaggiamenti tra le Forze armate europee. Di tutti i sistemi d’arma, i carri armati sono quelli che più di ogni altro traggono benefici dalla standardizzazione. I corazzati sono alla base delle capacità di sfondamento e penetrazione di una forza combattente e devono essere in grado di operare congiuntamente, sparare le stesse munizioni, necessitare della medesima manutenzione e, all’occorrenza, poter “cannibalizzare” i propri simili in caso di riparazioni d’emergenza durante le operazioni per continuare ad avanzare. Inoltre, in quanto piattaforme altamente tecnologiche che dovranno essere in grado di impiegare droni e operare congiuntamente con altri assetti in operazioni multi-dominio, i futuri carri europei dovranno basarsi su un’architettura comune e interoperabile. Da ultimo, c’è la questione della produzione. Di fronte alla necessità diffusa di standardizzare equipaggiamenti e produzione, un’eccessiva proliferazione di sistemi simili ma non completamente interscambiabili rischia di risultare ridondante e, in ultima istanza, di disperdere risorse e competenze.


×

Iscriviti alla newsletter