Oggi, al netto della difficoltà strutturale in cui resta invischiata la Germania, il panorama europeo può definirsi sostanzialmente in equilibrio con gli obiettivi e non soggetto a salti nel buio. Con la nave Bw Singapore a Ravenna, la capacità complessiva di rigassificazione italiana a 28 miliardi di metri cubi, è uguale ai volumi importati via gasdotto dalla Russia prima dell’invasione dell’Ucraina
L’Europa esce senza grossi danni dallo stop al transito del gas russo al’Ucraina, in virtù di una serie di azioni intraprese nel recente passato grazie al ruolo italiano con Piombino e Ravenna da un lato, e con gli accordi con l’Algeria dall’altro. Nel mezzo il contributo della Grecia, con due rigassificatori e le rotte alternative che l’Ue ha trovato e troverà, a dimostrazione di uno scenario drasticamente mutato in due anni.
Europa tranquilla
Ci sono stop e stop. Due anni fa l’interruzione dei flussi di gas russi aveva provocato una crisi energetica precisa, con riflessi su famiglie e imprese. Oggi, al netto della difficoltà strutturale in cui resta invischiata la Germania, il panorama europeo può definirsi sostanzialmente in equilibrio con gli obiettivi e non soggetto a salti nel buio. Ieri Gazprom ha chiuso la sua più antica rotta del gas verso l’Europa che attraversa l’Ucraina, perché l’accordo di transito è scaduto il 1 gennaio 2025. Il colosso energetico russo esporta ancora gas tramite il gasdotto TurkStream tramite due linee: una per il mercato interno turco e l’altra che rifornisce i clienti dell’Europa centrale, come Ungheria e Serbia.
Nel 2023 la Russia ha trasportato circa 15 miliardi di metri cubi di gas attraverso l’Ucraina, volumi sensibilmente inferiori rispetto ai 65 miliardi dell’ultimo contratto datato 2020. L’Austria nonostante la dipendenza dal gas russo si è preparata allo stop in virtù di un sistema di stoccaggio e di rotte di importazione alternative attraverso l’Italia e la Germania. “Abbiamo fatto i nostri compiti ed eravamo ben preparati per questo scenario”, ha commentato il ministro dell’Energia austriaco Leonore Gewessler.
Il ruolo italiano
L’Italia ha riserve sufficienti in virtù di politiche lungimiranti, ha annunciato il ministro dell’ambiente Gilberto Pichetto Fratin, anche se ciò non le impedisce di riflettere sul prossimo futuro e sull’ipotesi europee di price cup. Ma al di là di questo, spicca lo scenario infrastrutturale rappresentato da un lato dagli accordi con l’Algeria e dall’altro dai rigassificatori di Piombino e Ravenna.
Nel gennaio del 2023 Giorgia Meloni in visita in Algeria ha definito il Paese “un partner affidabile e di assoluto rilievo strategico”. Il ruolo giocato da Algeri circa l’approvvigionamento energetico è primario soprattutto se rapportato al Piano Mattei, in virtù di un accordo impreziosito da due nuove intese siglate in quell’occasione tra Eni e Sonatrach, la compagnia di Stato algerina. L’obiettivo è valorizzare ancora di più il fabbisogno energetico tramite la creazione di un nuovo gasdotto, che potrebbe veicolare anche l’idrogeno, e tramite un cavo elettrico sottomarino.
Capitolo rigassificatori, due giorni fa è giunta in Italia la nave Bw Singapore proveniente dai cantieri di Dubai, raggiungendo il cantiere navale Fincantieri di Palermo: in questo modo il rigassificatore a largo di Ravenna potrà essere operativo già dalla prossima primavera, portando la capacità complessiva di rigassificazione italiana a 28 miliardi di metri cubi. La cifra corrisponde ai volumi importati via gasdotto dalla Russia prima dell’invasione dell’Ucraina. Non vanno dimenticati gli altri poli di Snam come Panigaglia (La Spezia), Adriatic Lng (Rovigo), Olt Fsru Toscana (Livorno) e la Fsru Italis Lng (Piombino).
Il caso moldavo
A soffrire è la Repubblica di Moldavia e la regione separatista filo-russa della Transnistria, che venivano rifornite anche di gas russo attraverso l’Ucraina. Da ieri non c’è riscaldamento né acqua calda, ciononostante la leadership separatista della regione ha rifiutato l’aiuto del governo moldavo che tra le altre cose ha ridotto l’illuminazione stradale proprio per diminuire il consumo energetico di almeno un terzo. In futuro il Paese vorrà procurarsi gran parte della propria energia dalla Romania. La Transnistria è popolata da una grande maggioranza di cittadini russofoni, circa 470.000 mentre altri 200.000 sono cittadini russi.
Due settimane fa il parlamento moldavo ha votato a favore dell’imposizione dello stato di emergenza nel settore energetico, a causa della crisi che avrebbe lasciato il paese senza energia. Per questa ragione il primo ministro moldavo Dorin Recean ha accusato Mosca di usare l’energia “come arma politica” e ha affermato che il suo governo non riconosce il debito citato dal gigante energetico russo, che ha affermato essere stato “invalidato da una verifica contabile internazionale”.