L’Italia ha ora l’opportunità di allinearsi ai migliori standard europei, dimostrando che il dialogo tra lavoratori e imprese non è un ostacolo, ma una risorsa per il futuro. Il commento di Raffaele Bonanni
Lunedì 27 gennaio, presso la Camera dei Deputati, si terrà un passaggio cruciale nella storia delle relazioni industriali italiane: la proposta di legge per il riconoscimento della rappresentanza dei lavoratori nelle aziende, sostenuta da 400.000 firme raccolte dalla Cisl, verrà esaminata in prima lettura. Si tratta di un fatto storico che, dopo oltre 70 anni di rinvii e resistenze, tenta finalmente di dare piena attuazione all’articolo 46 della Costituzione, il quale prevede che i lavoratori collaborino, a livello decisionale, alla gestione delle imprese. Questa proposta rappresenta una svolta culturale e politica in un Paese che, nonostante l’ispirazione costituzionale, ha faticato a integrare la partecipazione dei lavoratori nel proprio tessuto economico. Le resistenze del passato hanno avuto diverse origini: da un lato, le imprese, preoccupate che un maggiore coinvolgimento dei lavoratori potesse limitare la loro autonomia gestionale; dall’altro, una parte della sinistra ideologica, restia a riconoscere la legittimità di un modello partecipativo che superasse la contrapposizione di classe.
Questa proposta si inserisce in una tradizione europea di partecipazione, che ha trovato terreno fertile in Paesi come la Germania e la Francia. In Germania, il modello di “Mitbestimmung” (cogestione) prevede la presenza dei rappresentanti dei lavoratori nei consigli di sorveglianza delle aziende, contribuendo a una gestione più inclusiva e lungimirante. In Francia, istituti simili hanno favorito un dialogo più equilibrato tra le parti sociali, migliorando la produttività e la coesione sociale. L’Italia, in questo contesto, è rimasta indietro. Eppure, la realizzazione dell’articolo 46 non solo rappresenterebbe un atto di giustizia costituzionale, ma costituirebbe anche un’opportunità per modernizzare le relazioni industriali, promuovendo una cultura della collaborazione e del rispetto reciproco tra lavoratori e imprese.
Nonostante il carattere innovativo della proposta, non sono mancate le opposizioni. Il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, ha espresso preoccupazioni sostenendo che la legge potrebbe interferire con la contrattazione collettiva. Tuttavia, questa posizione è del tutto infondata: l’introduzione della rappresentanza dei lavoratori arricchisce la contrattazione in quanto affida ad essa ogni miglior criterio di applicazione della legge, fornendo peraltro nuovi strumenti per affrontare le sfide di un mercato del lavoro in continua evoluzione sviluppando le relazioni industriali. I sindacati riformisti come la Cisl hanno sempre sostenuto che una maggiore partecipazione dei lavoratori possa favorire il dialogo sociale e incrementare la produttività. L’esperienza di altri Paesi dimostra che il coinvolgimento dei dipendenti nella gestione aziendale rafforza le relazioni industriali, e crea valore aggiunto per entrambe le parti.
Il governo ha già manifestato il proprio sostegno alla proposta di legge, e si auspica che essa possa trovare un consenso ampio e trasversale in Parlamento. Questo risultato sarebbe figlio non solo della volontà popolare espressa dalle 400.000 firme, ma anche di una visione moderna dell’economia sociale di mercato di cultura europea, che pone al centro la collaborazione e il benessere collettivo. Nel corso degli anni, sia i partiti riformisti di centrosinistra che quelli di centrodestra hanno avanzato proposte in questa direzione, dimostrando che il tema della partecipazione dei lavoratori può essere un punto di convergenza politica. Oggi, la possibilità di trasformare questo obiettivo in realtà è più vicina che mai.
Il riconoscimento della rappresentanza dei lavoratori nelle imprese non è solo un atto dovuto alla Costituzione, ma un passo decisivo per costruire un modello di sviluppo più equo e sostenibile. In un’epoca di profondi cambiamenti economici e sociali, questa legge può rappresentare una risposta concreta alla domanda di partecipazione e di modernizzazione delle relazioni industriali. L’Italia ha ora l’opportunità di allinearsi ai migliori standard europei, dimostrando che il dialogo tra lavoratori e imprese non è un ostacolo, ma una risorsa per il futuro.