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I Re Magi, eroi dimenticati della Natività. Il commento di Cristiano

Un viaggio nella storia dei Re Magi, dalla loro ricerca di Gesù fino al loro ruolo cruciale nel proteggere il neonato dalla minaccia di Erode, e il loro posto nelle tradizioni moderne. Il commento di Riccardo Cristiano

Nella storia delle nostre festività, in quella rappresentazione delle grandi festività che ci educa fin da bambini, tre straordinari, misteriosi e seducenti personaggi del racconto evangelico, i Re magi, sono stati sostituiti dalla simpaticissima Befana. Ma anche loro hanno un grande fascino. Una vecchia fiaba dice che i Re Magi avrebbero chiesto la strada per trovare Gesù a una donna anziana, e di qui sarebbe scaturita la sostituzione. Curioso, ma una fiaba per quanto ben congegnata e carina non conta più del Vangelo e rimane la scarsa attenzione per quei tre uomini eleganti, coraggiosi, che vengono da lontano e portano i doni a Gesù. Certo, la festa dell’Epifania è la festa della manifestazione della divinità di Gesù, ma per noi spesso e volentieri il fatto che questa manifestazione stia nel loro raggiungerlo, trovarlo, dargli i loro doni, venerandolo, non è poi così importante. Tutto sommato loro non solo lo venerano, ma lo salvano da Erode visto che non tornano come promesso, su richiesta dell’Angelo, a dirgli dove fosse questo re che tanto lo preoccupava, e avrebbe seguitato a preoccuparlo. Scelgono un’altra strada, non passano dal suo palazzo, e tornano nelle loro terre.

La traccia che resta nelle nostre tradizioni più diffuse è proprio il segno, la stella cometa che li ha guidati, che si raffigura sempre, ma loro rientrano come figure laterali nel presepio, dove ci sono, per carità, ma di solito sembrano dirci poco. Il loro viaggio, la loro decisione di partire, la scelta di andare comunque, non ha avuto un grosso impatto sulle nostre tradizioni popolari.

Cosa è stato di loro dopo essere ripartiti da Betlemme?  Molti racconti ci dicono che erano dei medi, che arrivarono quindi a Betlemme dalla Persia. Lo spiegano in tanti, dall’antichità, soffermandosi su chi siano questi medi, sulla diffusione nelle loro terre dello zoroastrismo, ma non su cosa gli accadde dopo il ritorno. Ho letto che di loro parla Marco Polo nel Milione, riferendo di antiche e lontane leggende, che ne confermano ovviamente l’esistenza e anche la venerazione nella loro terra d’origine: le loro salme, imbalsamate, sarebbero state venerate per secoli. È interessante la leggenda narrata da Marco Polo: i re magi avrebbero ricevuto in dono da Gesù un sasso, simbolo del restare saldi nella fede. Ma non capirono e gettarono quel sasso in un pozzo, da cui scaturì una fiamma: capirono che avevano sbagliato a gettare quel sasso, presero il fuoco che usciva dal pozzo e lo portarono nei loro rispettivi regni e, quando quel fuoco minacciava di estinguersi, tornavano al pozzo per rifornirsi del fuoco sacro che bruciava all’infinito. Secondo i racconti citati da Marco Polo nacquero così gli adoratori del fuoco.

Da noi invece come compaiono all’improvviso così subito scompaiono. Il significato della loro presenza nel racconto evangelico è chiaro: Papa Francesco ha cominciato così l’omelia dell’Epifania dello scorso anno: “I Magi si mettono in viaggio alla ricerca del Re che è nato. Essi sono immagine dei popoli in cammino alla ricerca di Dio, degli stranieri che ora sono condotti sul monte del Signore, dei lontani che adesso possono udire l’annuncio della salvezza, di tutti gli smarriti che sentono il richiamo di una voce amica”.

Avvertire l’esigenza di cercare, e quindi di seguitare a farlo, sempre; può essere questo il loro messaggio fiducioso, aperto. Sarebbero allora di tutta evidenza un invito alla ricerca, e senza confronto, senza dialogo, senza apertura, ogni ricerca sarebbe più difficile se non impossibile. Da quando ricerca è solo ricerca scientifica questo risulta meno evidente, ma è così soprattutto per la ricerca della giustizia, della verità, della nuova realtà, della comprensione reciproca.

In questo tempo mi sembra di cogliere di più l’urgenza di sentirsi sicuri di sé, o di noi, del nostro avere la verità in tasca, di non avere bisogno di altri confronti, di altre aperture, di altre domande e quindi degli altri. Forse neanche di Dio… I Re Magi invece sono un richiamo alla forza e alla determinazione di mettersi in gioco per seguire un segno: molti scrivono che i Magi, in quanto tali, fossero sacerdoti, ma loro non sono citati per il desiderio di posizioni di rilievo: leggendo si ha l’impressione che lo abbiano fatto, quel viaggio così lungo e rischioso, perché era la cosa giusta da fare. Seguire un segno, o farsi cogliere dal bisogno di cercare. I re magi non hanno bisogno di mettere il cappello su ciò che hanno scoperto, raggiunto.

Le tradizioni popolari forse non hanno valorizzato queste figure che però nella modernità, nell’epoca della globalizzazione che non è agevole gestire, potrebbero svolgere una importante funzione per superare le paure che ci accompagnano.


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