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Renzi, 50 anni con vista al Centro. L’opinione di Guandalini

Il compleanno dell’ex premier è stato ricordato ovunque. A Firenze si è tenuta una festa molto partecipata. Il leader di Italia Viva ha colto l’occasione per rilanciare la sua idea del Centro. E ribadire che non si ritirerà dalla politica. Ma anzi mira ad altri traguardi. Sicuramente rimane un protagonista della vita politica italiana che ha ritrovato il gusto della sfida. L’opinione di Maurizio Guandalini

Vita, opere, miracoli e patatrac le abbiamo lette e ascoltate ovunque. Ieri, 11 gennaio i festeggiamenti dei 50 anni di Matteo Renzi (portati ottimamente, in grande forma fisica, con l’occhio attento alla cura dell’abito di buon taglio o spudoratamente giovane, quasi estivo quello indossato ieri per il compleanno) hanno sfiorato, in alcuni casi, un livello apologetico. Molti che l’hanno celebrato sono coloro che hanno detto di tutto contro di lui. Ma comunque ne sono attratti. Quasi fosse indispensabile ai destini della politica italiana.

Lasciatelo dire da me che passo per essere un renziano. Digitando nel motore di ricerca il mio nome e cognome, accanto compare la scritta ‘renziano’. Non capisco il motivo. E l’algoritmo che ha ricavato la genialata. Certo non mi vergogno. Di Renzi ho scritto bene quando il plateau degli adulatori era vuoto. Non mi sono mai intruppato tra chi ne ha esaltate le magnifiche sorti e progressive e nemmeno tra quelli, la stragrande maggioranza, che gli dava contro a priori. Della serie, quello lì parla parla promette e non mantiene. Una convinzione che d’un tratto si è diffusa a macchia d’olio senza una ragione di supporto. Il provvedimento che gli rinfaccio spesso di non aver preso è l’abolizione del canone Rai, la tassa più odiata dagli italiani. Lo promise durante una Leopolda prima di fare il premier. Arrivò a Palazzo Chigi e il canone lo tagliò di 20 euro inserendolo nella bolletta della luce.

Il Governo Renzi è rubricato tra i più prolifici. Provvedimenti incisivi di riformismo avanzato. L’attività politica dell’ex premier, negli ultimi 4-5 anni è stata un mélange da superior. Ha fatto e rifatto governi. È stato il king maker per l’elezione e rielezione di Mattarella. In questi mesi fa opposizione al Governo Meloni con grinta e passione, quasi fosse lui il leader del Pd o del centrosinistra. Veste i panni alla perfezione, senza sbavature. Dei lettori mi scrivono consigliandomi di lasciarlo stare. Di non fidarmi di Renzi. In Italia va così, dosi copiose d’invidia, in tutte le professioni, che monta appena emerge qualcuno di qualità. Di qualità oggettive. Renzi è un animale politico. Che tiene testa alla classe dirigente in Parlamento.

Probabilmente l’avversione nei suoi confronti è figlia di questo sentiment. La saggezza dovrebbe aprirsi a estuario e conservare persone con queste qualità. Riportandoci a ripensare gli errori che la politica ha commesso linciando personaggi come Bettino Craxi che aveva tratto, carattere e intelligenza politica simile a Renzi. Strologare modi, che non appartengono alla politica, per spingerlo fuori dal Parlamento non è cosa buona e giusta. Per questo il recente dispositivo (ad personam) no-conferenze e consulenze all’estero preso dalla premier Meloni non è una gran pensata. Berlusconi (che vedeva in Renzi il figlio politico che non ha mai avuto) non l’avrebbe mai adottato. O fai due leggi, dove vieti ai parlamentari la doppia professione e fai emergere in trasparenza le lobby, oppure il gioco falsato non regge.

La grande festa per il genetliaco renziano tenuta a Firenze è stata l’occasione, e la reazione contro, per dire non mollo, anzi rilancio. Con la fissa (a parte il silenziato ‘stai serena’ riservato alla premier) del Centro nel centrosinistra. Per vincere. Ammetto che non capisco bene che vuol dire costruire il Centro. Ancor più nel campo largo. Dove il centro è sparpagliato ovunque, più come corporazione per essere determinanti all’eventuale vittoria. Non intravedo scontri di valori, temi, programmi.

C’è Renzi, Calenda, ora si studia uno spin off con il marchio Del Rio-Prodi e il rassemblement liberal democratico Morando-Ceccanti, visiting Gentiloni (l’appuntamento è per il 18 gennaio). Ho citato persone che sono, o sono state, iscritte al Pd. Il Partito democratico a sua volta è composto da 11-12 correnti con rispettive associazioni o centri studi. Alla guida i capi corrente che vanno dalla sinistra-sinistra ai moderati o miglioristi come si diceva ai tempi del Partito comunista.

Serve proprio, mi rivolgo a Renzi, fare il Centro? L’obiettivo è mettere in piedi una “cosa” unica oppure ognuno fa da sé? Sentendo il discorso di Renzi a Firenze mi pare che lui vuole essere determinante con il suo 2,5 – 3%. Poi si vedranno le mire degli altri centristi. Che non è detto coincidano (improbabile stiano insieme personaggi che mal si sopportano). Perché le “movimentazioni” centriste nel campo largo sono emerse dall’urgenza di dettare loro il futuro leader (federatore) della coalizione. E mettere una pietra sopra all’affrettata fusione tra Ds e Margherita (popolari, ex Dc) che ha dato alla luce il Pd. Il solo nome che potrebbe raccogliere queste mine vaganti è Pier Ferdinando Casini ma nella sua testa ha la voglia di ritentare per il Quirinale. Al quale sono certo, guarda anche Matteo Renzi.

Ha compiuto 50 anni che è la soglia obbligata (art. 84 della Costituzione) per entrare nella lista dei candidati. È un tipo che cambia predisposizione di continuo. Si stanca. Centra un obiettivo o gli va male qualcosa e sente lo stimolo per buttarsi su altro. Non è improbabile che al Quirinale ci abbia pensato. Non nel 2029, c’è tempo, superati i cinquanta in ogni settennato che verrà ha buone probabilità di essere nel truppone delle riserve della Repubblica. Sarà dura convincere i parlamentari, quello sì. Perché Renzi è il primo degli antipatici. Si ama o si odia. Insito delle personalità forti. Delle quali se ne sente la necessità di ruolo dopo aver fatto di tutto per accantonarle.


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