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Sorveglianza sottomarina nel Baltico, quando nel Mediterraneo? Scrive Caffio

Per rispondere alla minaccia portata dalla flotta ombra di Mosca alle infrastrutture sottomarine, la Nato ha dato il via all’operazione Baltic Sentry. Anche i cavi e i gasdotti mediterranei corrono i medesimi rischi, pertanto è probabile che l’operazione baltica sia un terreno di prova su cui sperimentare una postura di sorveglianza sottomarina che verrà poi estesa a tutti i mari dell’Alleanza. L’analisi dell’ammiraglio Caffio

Con il lancio della operazione Vigilance Activity Baltic Sentry voluta dai Paesi baltici (in primis Polonia e Svezia) come risposta alle minacce marittime ibride, la Nato mette a fuoco le misure di protezione delle infrastrutture critiche subacquee. L’Alleanza ha infatti individuato il pericolo rappresentato della cosiddetta “flotta ombra” di mercantili con bandiera di convenienza, usata dai Russi per attività illecite di trasporto di petrolio in violazione delle sanzioni e sospetta di essere coinvolta in episodi di danneggiamento di cavi. 

Quando accadde nel 2022 il caso del Nord Stream 2 la Nato escluse il ricorso alla difesa collettiva per “attacco armato”. Ma ora lo scenario operativo è diverso: si tratta di attività di sorveglianza e deterrenza basata sui vigenti principi di Diritto del mare. È ipotizzabile che anche nel Mediterraneo l’Alleanza adotti analoghe iniziative. Intanto l’Italia è già pronta a fare la sua parte. A breve dovrebbe tra l’altro approdare in Parlamento il D.d.l. sull’Agenzia per la sicurezza delle attività subacquee (Asas) approvato dal Governo lo scorso settembre.

In campo internazionale la risposta alle minacce ibride contro cavi e condotte sottomarine si sta da tempo sviluppando su due direttrici. Da un lato viene incentivata la cooperazione degli Stati tra loro stessi per lo scambio di informazioni e con gli operatori privati per l’adozione di best practices volte a evitare l’uso di materiali e tecnologie russo-cinesi. Dall’altro si incoraggiano gli Stati ad emanare norme per l’esercizio di giurisdizione su navi di bandiera e cittadini coinvolti in simili illeciti. Al momento non si è invece ancora formata una norma di Diritto del Mare -di fonte consuetudinaria o pattizia- che autorizzi l’uso della forza da parte di navi da guerra di qualsiasi bandiera contro imbarcazioni implicate nella distruzione di cavi e condotte, anche se si adombra il ricorso della disciplina della pirateria. Resta fermo ovviamente che gli Stati di approdo degli stessi potrebbero sempre adottare contromisure giustificate dalla protezione dei propri interessi nazionali vitali. E poteri  spetterebbero anche agli Stati di partenza e attraversamento nelle loro acque territoriali e, in teoria, nelle loro Zee per tutela ambientale.  

Il dispositivo navale di sorveglianza delle infrastrutture critiche nazionali messo in atto dalla nostra Marina con l’Operazione Mediterraneo Sicuro (OMS) che, tra i suoi compiti, ha appunto il “controllo del dominio subacqueo” risponde a tali principi, anticipando quella che potrebbe essere la disciplina da emanare col citato D.d.l. sulla subacquea. 

Mancava sinora una dottrina per la sorveglianza in superficie del dominio subacqueo in applicazione della Convenzione sul Diritto del Mare. La Nato, con la “Baltic Sentry”, indica ora la via da seguire con misure navali di deterrenza e contrasto da adottare verso il naviglio con bandiera di convenienza e bassi standards di navigabilità: esso è infatti utilizzato dai Russi per eludere le sanzioni petrolifere e per mettere in atto sabotaggi alle infrastrutture critiche occidentali. Il modus operandi di questa operazione prevede  attività incentrate sulla sorveglianza in alto mare e sull’eventuale visita a bordo -in vista di provvedimenti interdittivi-  di mercantili della cosiddetta “shadow fleet” di Mosca che naviga al di fuori del sistema internazionale di garanzie assicurative e di sicurezza.

L’allarme esistente nel Baltico si va concretizzando nel Mediterraneo con modalità non dissimili. Non foss’altro perché i mercantili della flotta russa fanno trasbordo di petrolio di contrabbando in determinate aree di bassofondo vicino alle coste greche, maltesi o spagnole (per quanto riguarda il possedimento di Ceuta). In più, in vicinanza delle nostre coste è segnalata, in prossimità di cavi e condotte,  la presenza di navi di Stato russe adibite ad attività di intelligence.

È chiaro che lo svolgimento di queste attività al di fuori delle acque territoriali non è di per sé illegittima, anche se va adeguatamente monitorata dalle Marine Nato. Ma può diventare una minaccia nelle acque delle nostre Zee se preordinata ad azioni ostili con mercantili della “flotta ombra”. Il nuovo settore di impegno navale della Nato nel Baltico, non potrà quindi che essere esteso presto al Mediterraneo. Magari nel quadro della strategia marittima di prossima definizione nel vertice dell’Alleanza che si terrà a breve in Olanda, come preannunciato nella recente Dichiarazione congiunta relativa alla Baltic Sentry.   


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