La telefonata tra Rubio e Wang conferma che Cina e Usa intendono parlarsi, forse riprendendo la serie di scambi visti durante il primo mandato di Donald Trump. Tra Washington e Pechino c’è una fase di osservazione, potenziale apertura, in mezzo a uno scontro totale tra sicurezza, commercio, influenza geopolitica
La prima telefonata tra il segretario di Stato americano, Marco Rubio, e il ministro degli Esteri cinese, nonché capo della politica estera del Partito, Wang Yi, segna l’inizio concreto della relazione tra Washington e Pechino sotto la nuova amministrazione Trump. Il colloquio si è concentrato su questioni strategiche, tra cui Taiwan, la sicurezza nell’Indo-Pacifico e la cooperazione economica.
Rilevante questo passaggio di Rubio: “Gli Stati Uniti non sostengono l'”indipendenza di Taiwan” e sperano che la questione di Taiwan venga risolta pacificamente in un modo accettato da entrambe le parti dello Stretto di Taiwan”.
In generale, la lettura fornita dalle due parti evidenzia differenze significative nelle rispettive narrazioni strategiche, rivelando le priorità e le sensibilità con cui Stati Uniti e Cina intendono affrontare la competizione geopolitica nei prossimi anni.
L’incontro è avvenuto a pochi giorni dalla partecipazione del vicepresidente cinese, Han Zheng, all’Inauguration di Donald Trump, una presenza anticipata da una telefonata tra il leader Xi Jinping e il neopresidente poco prima dell’ingresso ufficiale alla Casa Bianca. Se Han ha avuto scarsa visibilità mediatica, nonostante fonti statunitensi riferiscano di svariati incontri tenuti nella capitale, a livello simbolico ha avuto ben altra risonanza la prima iniziativa concreta di Rubio: la riunione del Quad, il forum di sicurezza che riunisce Stati Uniti, India, Giappone e Australia. Rubio ha presieduto l’incontro, evidenziando sin da subito la centralità della strategia indo-pacifica, con l’obiettivo di rafforzare ulteriormente la cooperazione – un aspetto che preoccupa Pechino, consapevole che l’obiettivo è anche il contenimento cinese.
Due comunicati, due visioni del mondo
I comunicati ufficiali diffusi da Washington e Pechino raccontano la conversazione in termini che riflettono non solo le rispettive agende politiche, ma anche il modo in cui entrambe le potenze intendono gestire il rapporto bilaterale.
Il comunicato del Dipartimento di Stato americano adotta un registro pragmatico e diretto, concentrandosi sulle questioni di sicurezza e sulla necessità di affrontare con fermezza le sfide economiche poste dalla Cina. In primo luogo, emerge una forte attenzione alle tensioni nello Stretto di Taiwan e nel Mar Cinese Meridionale, aree in cui Washington ribadisce il proprio impegno a garantire la stabilità regionale. Sul fronte economico, il documento pone l’accento sulle pratiche commerciali cinesi, ritenute problematiche dagli Stati Uniti sotto il profilo della concorrenza e della sicurezza delle catene di approvvigionamento. Tuttavia, viene riconosciuta la possibilità di una cooperazione su temi di interesse globale, come il cambiamento climatico e la non proliferazione nucleare, considerati cruciali per il mantenimento di un equilibrio internazionale sostenibile. In chiusura, si sottolinea l’importanza di mantenere aperti i canali di comunicazione, ma senza fornire dettagli su possibili sviluppi concreti.
Diversamente, il comunicato cinese si sviluppa con un tono più diplomatico e articolato, ponendo l’accento sul principio di “rispetto reciproco” come elemento imprescindibile per una relazione stabile. Al centro delle preoccupazioni di Pechino vi è la questione di Taiwan, definita una “linea rossa” invalicabile, con un monito esplicito agli Stati Uniti affinché rispettino il principio di “una sola Cina” ed evitino qualsiasi forma di ingerenza. Inoltre, la Cina respinge qualsiasi tentativo di contenimento strategico da parte di Washington, auspicando invece un rapporto basato sulla cooperazione e su benefici reciproci. Da Pechino emerge anche la volontà di rafforzare i legami economici, considerati essenziali per garantire stabilità e prevenire un deterioramento delle relazioni bilaterali. Infine, si ribadisce l’importanza di una gestione responsabile delle divergenze, attraverso un dialogo che eviti escalation e incomprensioni.
Punti di convergenza e divergenza
Nonostante le consistenti differenze, entrambi i comunicati lasciano spazi comuni su alcuni aspetti. Entrambe le parti, per esempio, riconoscono formalmente l’importanza di mantenere aperti i canali diplomatici per prevenire tensioni e cercare punti di equilibrio su questioni globali. Inoltre, si evidenzia una consapevolezza condivisa della necessità di cooperare su sfide transnazionali come il cambiamento climatico e la stabilità economica globale, anche se con approcci e aspettative divergenti.
Tuttavia, le divergenze rimangono marcate e si concentrano su questioni di sicurezza e sulla natura della competizione economica. Mentre gli Stati Uniti insistono sulla necessità di contrastare le ambizioni cinesi nell’Indo-Pacifico e di tutelare i propri interessi strategici, la Cina cerca di difendere la propria posizione senza concedere terreno sui dossier cruciali: il destino di Taiwan e il controllo egemonico che ambisce ad avere nel Mar Cinese Meridionale.
In definitiva, le posizioni di Washington appaiono più assertive e orientate a contenere Pechino, mentre l’approccio cinese si concentra maggiormente su una gestione cauta delle tensioni, con l’obiettivo di evitare uno scontro frontale. Restano aperti molti interrogativi sul futuro delle relazioni bilaterali. Anche perché secondo fonti informate non sarebbero mancati momenti di dialogo più teso, pur all’interno del perimetro diplomatico.
Appare per ora indicata la volontà statunitense di consolidare un fronte strategico nell’Indo-Pacifico, segnando una continuità con la precedente amministrazione Biden (e con il primo mandato Trump, quando l’allora segretario di Stato, Mike Pompeo, lavorò per istituzionalizzare il Quad). E questo innervosisce i cinesi. Ciò non toglie spazi per contatti: d’altronde, gli scambi tra le due potenze hanno caratterizzato più la prima presidenza Trump che quella di Joe Biden, seppure in mezzo a scontri e posizioni dure sulle politiche commerciali e di sicurezza.