Video-call Putin-Xi, accordo Iran-Russia. Bilanciando diplomazia e deterrenza sarà cruciale per Trump evitare che la convergenza sino-russo-iraniana si traduca in un blocco geopolitico sempre più difficile da contenere e in grado di sfruttare quelle aperture, o quell’approccio transazionale, a proprio vantaggio
I principali rivali strategici degli Stati Uniti si sono mossi per dimostrare al mondo un crescente allineamento con una tempistica che potrebbe escludere la casualità. Mosca e Pechino, attraverso una videocall tra Vladimir Putin e Xi Jinping, hanno ribadito oggi – giorno seguente dell’Inauguration di Donald Trump – la loro “comunanza d’interessi”, mentre Teheran e Mosca hanno siglato, appena quattro giorni fa, un accordo strategico di rilievo che potrebbe avere implicazioni significative nel campo del nucleare.
L’elezione di Trump, con la sua visione di politica estera pragmatica e spesso fuori dagli schemi tradizionali, viene accolta con prudente apertura da Pechino e pure Mosca e Teheran, ma anche con diverse dosi di scetticismo – perché gli interessi nazionali dei tre partner principali del gruppo CRINK (China, Russia, Iran, North Korea) non sono comuni, benché accomunati nella narrazione strategia esterne. Trump sta cercando di evitare scontri diretti: ha inviato segnali severi a Teheran (che anche alla luce delle batoste subite contro Israele potrebbe applicare un auto-contenimento tattico); ha mostrato una certa comprensione delle dinamiche del conflitto russo-ucraino (promettendo un processo di pace sotto il suo impulso); ha avviato contatti diretti con Xi Jinping nei giorni precedenti alla sua inaugurazione (e già si è mosso concretamente per “salvare” TikTok, attualmente dossier spinoso sul tavolo del confronto tra le due potenze).
Tuttavia, la risposta dei principali avversari globali è stata chiara: dimostrare una coesione strategica che possa resistere alle pressioni – dirette o indirette – americane e rafforzare una narrativa di indipendenza strategica. Uno storytelling da offrire a un’enorme porzione di mondo che, se finora vedeva nell’amministrazione Biden un simbolo idealista eccessivamente sbilanciato nel promuovere i valori democratici come base della politica estera, ora individua nel pragmatismo trumpiano una sponda più abbordabile alla Casa Bianca – elemento che fa tornare gli Usa ancora più interessanti agli occhi di diversi Paesi.
L’accordo tra Russia e Iran rafforza una cooperazione che potrebbe evolversi dal nucleare civile verso scenari più ambigui e preoccupanti, specialmente in un contesto di crescenti tensioni in Medio Oriente. Dall’altra parte, la call tra Xi e Putin ha evidenziato il ruolo centrale del gasdotto Cina-Russia, già operativo a pieno regime, segnale di una cooperazione energetica destinata a consolidarsi. Tali interazioni dirette tra i tre protagonisti del cosiddetto “Axis of Upheavel” possono fare da richiamo per alti attori internazionali.
Questa convergenza tra Pechino, Mosca e Teheran rappresenta un messaggio forte e chiaro a Washington: nonostante le aperture o potenziali-aperture di Trump, l’asse sino-russo-iraniano è più solido che mai. Le dichiarazioni di amicizia e cooperazione strategica sono un tentativo di mostrare al mondo un fronte comune, pronto a resistere a qualsiasi tentativo di isolamento o pressione economica. I CRINK sembrano intenzionati a giocare un ruolo sempre più incisivo nel modellare le dinamiche globali, pur non escludendo di andare a vedere le carte di Trump.
E mentre il neo-presidente cerca di navigare in un contesto internazionale sempre più complesso, evitando tensioni – come secondo il pensiero portante del suo impegno politico – ma piuttosto cercando di mediare accordi risolutivi, questi sviluppi mettono in luce le sfide che dovrà affrontare per gestire le ambizioni delle potenze revisioniste.
(Foto: Kremlin.en)