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Turchia-Siria, prove di intesa sulla Zee nel Mar di Levante. L’analisi di Caffio

Mentre la Russia abbandona la base navale di Tartus, la Turchia prende il sopravvento con la nuova Siria sotto Al-Jolani, puntando a consolidare la propria posizione nel Mar di Levante. La questione delle Zone Economiche Esclusive (Zee) è al centro della disputa, con Ankara che cerca di sfruttare l’opportunità per limitare l’influenza di Cipro e per sfidare la Grecia e l’Egitto. Il punto dell’ammiraglio Fabio Caffio

Mentre la Russia lascia la base navale di Tartus, la Turchia si fa abilmente avanti con la nuova Siria di Ahmad al-Shara per consolidare la propria posizione nel mar di Levante, oltre che acquisire un alleato contro la comunità curda. La questione riguarda più in generale i limiti delle Zee del Mediterraneo orientale; in particolare concerne quelli tra la Turchia e la Siria che riguardano da vicino Cipro.

Il momento è favorevole per Ankara, anche perché il governo di Al-Jolani ha voltato pagina rispetto al precedente regime per la questione delle Zee. Assad aveva infatti preso posizione contro l’accordo sui confini marittimi del 2019 tra Turchia e Libia, intesa contestata duramente da Grecia, Cipro ed Egitto perché stabilisce un limite che ignora la presenza delle isole greche di Creta, Karpatos e Rodi.

Ankara potrebbe ora replicare il metodo seguito con tale accordo, privando Cipro di parte della Zee da spartire frontalmente con la Siria. Nicosia come noto non riconosce – al pari della Comunità internazionale – l’autoproclamata Repubblica turca di Cipro del nord (Rtcn) occupata da Ankara, sicché questa non avrebbe titolo a negoziare un confine marittimo. Di qui il tentativo della Turchia di aggirare l’ostacolo: la soluzione immaginata con la Siria potrebbe essere quella di considerare coste rilevanti per la delimitazione non solo quelle laterali del Golfo di Alessandretta, ma anche quelle che si fronteggiano diagonalmente. In questo modo, la punta nord orientale della Rtcn non avrebbe alcun effetto.

Uno degli obiettivi di Ankara è consolidare la dottrina sulle delimitazioni delle Zee secondo cui le isole influiscono parzialmente sul tracciamento dei confini; questo approccio – basato su principi equitativi – è a 180° rispetto alla Grecia che sostiene invece il diritto di qualsiasi isola, per minuscola che sia, ad avere una sua Zee di massima estensione. Basti pensare alla cinquantennale disputa dell’Egeo in cui Atene pretende che la sua Zee si spinga a ridosso delle coste turche grazie alle sue isole. Oppure all’isoletta di Kastellorizo la quale nelle intenzioni greche sarebbe il perno di una grande Zee che interclude quella turca a sud di Antalya. Per non dire del caso non ancora risolto delle frontiere marittime tra Italia e Malta che presenta aspetti analoghi.

Come ovvio la Turchia ha però ambizioni economiche: si propone di sfruttare le potenzialità di gas della Zee da spartire che dovrebbero essere rilevanti in analogia ai giacimenti dei fondali di Israele, Egitto, Libano e Cipro. Non va escluso che voglia anche sostituirsi alla Russia nell’uso delle infrastrutture portuali di Damasco.

È indubbio comunque che l’attivismo marittimo turco rischia di condizionare la normalizzazione della leadership di Al-Jolani: Grecia e Cipro non staranno a guardare, ma daranno battaglia in tutti i modi, in primis nell’ambito della Ue. Per loro le Zee sono una sorta di spazio vitale da conquistare e non un’area da gestire in cooperazione coi vicini; come, d’altronde, Ankara adopera per la Zee la retorica della Patria blu.


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