Ad annunciarlo è stato Mark Zuckerberg, chiarendo che ad occuparsi delle false notizie sarà la comunità degli utenti. Così come accade in X di Elon Musk. Una mossa che tende alla pacificazione tra lui e il tycoon, confermata anche dalla nomina della presidente dell’Ufc nonché sostenitrice trumpiana, Dana White, nel cda dell’azienda
Tassello dopo tassello, il puzzle va formandosi. Dopo la donazione da un milione di dollari al fondo per la cerimonia di insediamento di Donald Trump e l’addio di Nick Clegg da presidente degli affari globale, rimpiazzato dal suo vice (trumpiano) Joel Kaplan, Meta ha adottato un’altra misura rivoluzionaria che farà piacere al presidente eletto. “Ci libereremo dei fact-checker e li sostituiremo con note della comunità simili a X, a partire dagli Stati Uniti”, ha affermato il proprietario Mark Zuckerberg in un videomessaggio di alcuni minuti postato sui suoi profili social. “Torneremo alle nostre radici e ci concentreremo sulla riduzione degli errori, sulla semplificazione delle nostre policy e sul ripristino della libera espressione sulle nostre piattaforme”.
Un cambio piuttosto radicale, che a detta di molti risponde alle esigenze della prossima amministrazione. E di chi gli sta intorno. Elon Musk aveva più volte criticato il suo collega-rivale per aver rimosso da Facebook e Instagram dei contenuti contrari alle regole dei due social network, indicandola come una censura e non un modo di veicolare le informazioni nel modo corretto. Uno dei motivi per cui aveva rilevato Twitter, poi ribattezzato X, era proprio quello di dare libertà di parola a tutti senza restrizioni. In due parole: free speech. A sottolineare la presenza di fake news sarebbero stati gli utenti stessi, segnalando le informazioni false o precisando ciò che veniva pubblicato. Un paradigma che Meta ha deciso di adottare.
Ciò che lascia un po’ interdetti è la motivazione utilizzata da Zuckerberg per giustificare la scelta. “Siamo arrivati a un punto in cui ci sono troppi errori e troppa censura. Le recenti elezioni sembrano anche un punto di svolta culturale per tornare a dare priorità alla parola”, ha affermato prendendosela con quei fact-checker “troppo politicamente faziosi”. Il programma di verifica era stato introdotto dopo le elezioni del 2016, vinte da Trump, quando Facebook era stata accusata di non fare abbastanza nel limitare le informazioni fuorvianti. Solo nel 2023, il programma era stato rinnovato e ampliato per far sì che potesse coprire quanti più paesi al mondo possibili. Inoltre, era stato Zuckerberg – o chi per lui – a bloccare il profilo di Trump dopo l’assalto al Campidoglio del 6 gennaio. In qualche modo, dunque, Zuck rinnega le sue stesse decisioni.
Ad ogni modo, ha chiarito il nuovo responsabile per gli affari globali Kaplan, Meta continuerà a monitorare contenuti relativi a droga, terrorismo, truffe e sfruttamento dei minori.
La sua nomina è stata considerata l’ennesima mano tesa a Trump da parte dell’azienda – non di certo l’unica Big Tech a riallinearsi alla politica del tycoon. Così come quella di Dana White, che siederà nel consiglio di amministrazione insieme ai già presenti Peggy Alford (ex vice presidente delle vendite globali di PayPal), l’investitore Marc Andressen, il filantropo John Arnold, il cofondatore e ceo di Dropbox Drew Houston. Oltre White, gli altri due innesti nel cda sono l’investitore Charlie Songhurst e il presidente di Stellantis John Elkann. Ma è quella di White a fare più rumore.
La presidente dell’Ufc, la lega di MMA (arti marziali miste) più importante al mondo, è una sostenitrice di Trump da lungo tempo, aiutandolo a diventare popolare tra i giovani americani maschi che seguivano lo sport di cui è la massima rappresentante. “Non c’è niente che amo di più che costruire marchi e non vedo l’ora di aiutare Meta ad arrivare al livello successivo”, sono state le sue prime parole nel nuovo ruolo.