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AI, bene gli investimenti Ue. Ora sprint sulla Difesa. Le priorità secondo Panarari

Positivo l’annuncio del piano di investimenti sull’intelligenza artificiale fatto da von der Leyen, l’Europa deve puntare su settori strategici come la Difesa. L’approccio antropocentrico sulla nuova frontiera tecnologica è il giusto criterio guida per l’Ue. E l’Italia dia il suo apporto con i centri di ricerca e le università, prendendo decisioni bipartisan oltre gli schieramenti politici. Il bilancio del sociologo Panarari sull’AI Action summit di Parigi

Un approccio antropocentrico su una delle sfide che “in assoluto condizionerà di più la nostra vita”. L’aspetto che rileva è, però, legato alla marcia che l’Europa ha deciso di avere sull’Intelligenza Artificiale. “L’annuncio del piano InvestAI da parte della presidente von der Leyen è da salutare con estremo favore perché sarà un importante strumento di competitività”. È il bilancio del AI Action Summit che, su Formiche.net, fa il sociologo della comunicazione e docente dell’Università di Modena e Reggio-Emilia, Massimiliano Panarari.

Partiamo dall’antropocentrismo, sottolineato anche nel suo intervento dal ministro delle Imprese e Made in Italy, Adolfo Urso. 

Mi sembra che la dichiarazione sottoscritta a Parigi anche dal nostro Paese indichi esattamente questa direzione che a mio modo di vedere è quella corretta. La politica al momento fatica a trovare un approccio corretto a una rivoluzione destinata davvero a cambiare la nostra esistenza. Questo marca anche una netta distinzione rispetto all’approccio del mondo anglosassone.

Quale sarebbe la linea di demarcazione?

La visione politico-culturale di fondo applicata anche all’AI. Mentre l’approccio europeo è maggiormente orientato, giustamente, a tracciare una cornice di governance dentro la quale si deve sviluppare l’intelligenza artificiale, il mondo anglosassone è maggiormente orientato al liberismo, talvolta esasperato. Tant’è che, di fatto, è tutto in mano alle grandi corporate.

A proposito di regolamentazione, all’indomani della pubblicazione delle linee guida dell’AI Act, non si corre il rischio di avere un approccio che ostacoli la competitività delle imprese piuttosto che favorirla?

Questo è un tema reale, ma che non riguarda squisitamente l’innovazione tecnologica bensì molti dei processi che caratterizzano la vita politica dell’Unione Europea, che andrebbero ripensati. Per questo ritengo che sia importante l’annuncio di Von der Leyen sul piano di investimenti.

In che modo canalizzarli?

Vanno spesi celermente non solo per costruire delle giga factory, ma vanno create le condizioni per arrivare a un sistema produttivo che metta in dialogo le imprese pubbliche e quelle private sui settori strategici a partire dalla Difesa. Non solo perché è un tema prioritario nell’agenda politica della nuova Commissione, ma soprattutto perché sarà da lì che passerà buona parte della capacità contrattuale in termini geopolitici dell’Unione in futuro. Ed è da lì che dipenderà molto il rapporto tra Europa e Stati Uniti a maggior ragione con l’amministrazione Trump. Resta prioritario, dal mio punto di vista, il tema della tutela dei dati.

Su questo l’Europa può dire la sua?

Benché non disponga di campioni continentali autentici come Cina e Stati Uniti, penso che l’Ue debba cercare – nello spirito regolatorio non oppressivo – di tutelare i dati dei propri cittadini. Più in generale, l’obiettivo dichiarato mi sembra che sia quello di ridurre la disuguaglianza che deriva dall’applicazione dell’AI in alcuni ambiti. Ridurre le disuguaglianze sociali è il focus antropocentrico fissato dall’Unione.

L’Italia in questa cornice come si inserisce in modo strategico?

Sfruttando le sue leve principali. Partendo dal presupposto di non avere ancora grandi player attivi nell’ambito dell’AI, l’Italia dovrebbe investire sulla ricerca e sul sistema universitario, auspicando in un approccio bipartisan della politica che orienti le proprie decisioni nell’interesse del Paese. Oltre le bandiere. L’AI può essere un terreno strategico per la collaborazione al di là delle appartenenze politiche.


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