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Gaza, Siria e Mediterraneo. Erdogan testa Asia Anew in Pakistan

La differenza di vedute tra Usa e Turchia su Gaza potrà influire su dossier futuri come Siria, Libia e Mediterraneo dove la Turchia intende confermare la propria centralità? Sul punto va fatta una riflessione sulle implicazioni geopolitiche sia del tavolo diplomatico sull’Ucraina sia di quello energetico che coinvolge la Grecia

Rafforzare il legame tra Bosforo e Asia nella consapevolezza che la cooperazione bilaterale deve interfacciarsi anche con le politiche legate alla contingenza. Asia Anew è il programma turco lanciato nel 2019 per intensificare le relazioni con i Paesi asiatici e oggi il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, lo ha ribadito al primo ministro pachistano, Muhammad Shehbaz Sharif, che ha incontrato a Islamabad. Un power non più solo soft, dunque, perché si impone nelle scelte più strategiche dei Paesi coinvolti. Per questa ragione Asia Anew ha un nesso con i settori di crisi. La missione in Pakistan gioco forza porta in grembo una serie di effetti a catena sui maggiori settori di crisi, Gaza, Siria e Kyiv su tutti.

Ankara e Islamabad

I 24 accordi siglati tra i due Paesi raccontano il peso specifico delle relazioni bilaterali, costruite ad hoc per creare un fil rouge preciso alla voce energia, cultura, difesa, sanità e commercio. Erdogan è conscio che, a maggior ragione in una fase di profonde revisioni tattiche, valoriali, politiche è necessario puntellare il “già ottenuto”. A ciò va sommato il sostegno del Pakistan alla causa dei turco-ciprioti (“per noi estremamente significativo”) che va di pari passo alle politiche turche nel Mediterraneo allargato. Dopo Malesia e Indonesia, Erdogan ha fatto tappa in Pakistan che considera “una seconda casa”, ma senza disdegnare una fase progettuale che vada oltre lo status quo. Sullo sfondo del dialogo resta al primo posto la Siria.

Qui Siria

Non solo la compagnia di bandiera Turkish Airlines ha ripreso dopo 13 anni i voli per Damasco, ma la Turchia ha revocato le restrizioni sulle importazioni dalla Siria. Un passo che conferma il fluente dialogo tra Ankara e Damasco dopo la nascita della nuova amministrazione siriana. All’orizzonte c’è il ripristino dell’accordo di libero scambio, sospeso nel 2011 quando scoppiò la guerra civile. Inoltre la Turchia ha chiesto ai nuovi governanti siriani di prendere il controllo dei campi di Daesh, perché ritiene che le organizzazioni terroristiche nel nord-est del paese li utilizzino “per giustificare la loro esistenza”. Questo è un altro spunto che da Ankara parte nella direzione di Washington (via Damasco) che sul dossier curdi/Pkk dovrà dire qualcosa nelle prossime settimane, a meno che in queste ore non vi sia già una riflessione, pur ufficiosa, da parte del vicepresidente e del segretario di stato in missione in Europa.

Contrasti e convergenze

“Riteniamo di dovere rafforzare la nostra determinazione in un momento in cui ci sono proposte illegali e senza scrupoli per separare i nostri fratelli di Gaza dalla loro patria”. Queste le parole di Erdogan sul piano del presidente americano che mira a trasferire i palestinesi di Gaza, mentre la posizione di Ankara resta quella di creare uno Stato di Palestina indipendente e sovrano, “con integrità geografica, basato sui confini del 1967 e con Gerusalemme Est come capitale”. Sarà interessante capire come la differenza di vedute su Gaza, ampiamente preventivabile, potrà influire su dossier futuri come Siria, Libia e Mediterraneo dove la Turchia intende confermare la propria centralità.

Sul punto va fatta una riflessione sulle implicazioni geopolitiche sia del tavolo diplomatico sull’Ucraina sia di quello energetico che coinvolge la Grecia, anche alla luce del ragionamento fatto due giorni fa al Delphi Forum di Washington sull’ex vicesegretario all’energia Jeoffrey Pyatt, già ambasciatore americano ad Atene, secondo cui “l’Europa deve capire che la Russia ha perso la sua credibilità” come partner energetico. Quindi “la Grecia gioca un ruolo cruciale nella nuova mappa energetica globale”. Per cui, in riferimento a quelli che Pyatt ha definito come “i ponti che la Grecia può costruire insieme a Cipro, all’Ue, a Israele e all’Egitto”, sarà utile capire come la Casa Bianca intenderà muoversi e che tipo di approccio avrà con la Turchia.


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