Il Dragone vive la sua ora più buia, con i consumi al palo e il vuoto tra le promesse di Pechino e la realtà dell’economia. Una spinta ad aggredire con Intelligenza Artificiale e auto elettriche i mercati stranieri. Il report dell’Ispi e quello di Deutsche Bank messi a confronto
L’economia della Cina non scalda più i mercati, non trasmette più la sensazione che una crescita a doppia cifra sia alla portata. Il problema non è tanto la sfiducia fin qui accumulata, dentro e fuori le Borse, quanto le prospettive poco elettrizzanti del Dragone. Tutta colpa, sono ormai in molti a crederlo, dello scollamento tra le parole e i fatti. Ovvero tra i piani di Pechino e la realtà. Secondo gli economisti dell’Ispi, per esempio, che proprio in questi giorni hanno dedicato al futuro della seconda economia globale un apposito report, “le autorità governative ne parlano apertamente da anni, ma le soluzioni proposte dal governo al momento non sembrano sufficienti per invertire il corso del rallentamento strutturale in atto”.
IL FALLIMENTO DI UN MODELLO ECONOMICO
Il fatto è che “dal 2020, il modello economico promosso fin dall’inizio dal mandato di Xi Jinping attraverso il concetto di nuova normalità, che prevedeva una crescita più improntata alla qualità che alla quantità, è entrato in crisi. Tale situazione è causata soprattutto dal rallentamento della domanda interna, effetto del calo della fiducia dei consumatori a seguito delle politiche per contrastare la pandemia. La nuova normalità, infatti, mirava a ridurre il peso degli investimenti come motori della crescita cinese (che generano indebitamento) e delle esportazioni (fonte di dipendenza esterna). Il piano puntava invece sulla domanda interna e la trasformazione del tessuto produttivo locale verso l’industria ad alto valore aggiunto”.
UN PROBLEMA CHIAMATO CONSUMI
Entrando nello specifico, “uno degli elementi più critici per l’economia cinese nel 2025, nel contesto di una dichiarata volontà di rafforzarne il peso nella composizione del Pil, è quello dei consumi interni. Analizzando i dati sulle vendite al dettaglio è evidente come la pandemia abbia inciso, mostrando un significativo rallentamento nell’ultimo decennio. Tra il 2014 e il 2019, la crescita media annua delle vendite al dettaglio si attestava su un robusto 10,46%, riflettendo un’economia in forte espansione e una crescente domanda interna. Tuttavia, tra il 2020 e il 2024, tale crescita si è ridotta al 5,14%, evidenziando un calo marcato attribuibile principalmente all’impatto della pandemia, che ha generato una perdita di fiducia dei consumatori, e ai cambiamenti strutturali nell’economia cinese. La mancata transizione verso un modello economico più basato sui consumi interni, unita a un contesto globale più incerto, ha contribuito al rallentamento generale dell‘economia, segnando una nuova fase di maturazione per il mercato cinese”, scrive l’Ispi.
IN MEZZO AL GUADO
Insomma, “l’economia cinese si trova in una situazione d’incertezza che condiziona anche le scelte interne e il rapporto con gli altri Paesi. Sul piano interno le riforme annunciate non decollano e i consumi non crescono alla velocità di un tempo”. Anche e non solo per questo la pressione nel 2025 sull’economia cinese “sarà significativa, perché non solo i consumi non accennano a riprendersi, ma le esportazioni saranno inevitabilmente colpite dal nuovo corso trumpiano e dalla politica di de-risking europea”.
UN MONITO PER L’OCCIDENTE
Ed ecco un altro punto, le esportazioni. Ovvero quel rovescio della medaglia che chiama direttamente in causa un altro report, stavolta a firma Deutsche Bank. Qui la sostanza è più o meno questa: tutto quello che la Cina non riesce a fare in patria, lo fa altrove. Come? Cannibalizzando i mercati stranieri, dall’automotive all’Intelligenza Artificiale. Il titolo del documento messo a punto dalla banca tedesca, è eloquente: La Cina mangia il mondo? Per l’Occidente può essere una sonora sveglia, un invito a guardarsi le spalle. “Sul piano esterno Pechino riesce a dominare i mercati in funzione di un eccesso di capacità produttiva in settori ad alto valore aggiunto”.
“Riteniamo che il 2025 sarà l’anno in cui il mondo degli investimenti si renderà conto che la Cina sta surclassando il resto del Pianeta”, si legge. “Il predominio della Cina nei settori ad alto valore si sta espandendo a un ritmo senza precedenti. Con le aziende leader mondiali che guadagnavano quote di mercato in tutti i settori, era improbabile che la Cina rimanesse a lungo in disparte”. E c’entra anche il caso Deep Seek, il cui lancio “ha scosso la convinzione mondiale sul fatto che si potesse tenere a bada la Cina”. Ma non è così. Occidente avvisato.