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Contro i dazi, governo e Sace devono spingere verso i Paesi Gate. L’analisi di Ferretti

Diventa fondamentale, al fine di mitigare i contraccolpi dei  dazi, che il governo continui nella direzione, anche avvalendosi delle grandi potenzialità di Sace che da 45 anni sostiene le aziende italiane nell’export e nei processi di internazionalizzazione, di ampliare l’interscambio commerciale verso Paesi nuovi. L’analisi di Andrea Ferretti

Come si temeva, anche nell’ultimo trimestre del 2024  il nostro Pil ha evidenziato una crescita pari a zero, cosa che comporterà, qualora i dati provvisori venissero confermati, una crescita nel 2024 limitata ad un +0,5% . Guardando però all’anno in corso, al momento le previsioni di crescita per il nostro Paese appaiono più confortanti, posto che molti tra principali osservatori istituzionali si attendono una crescita del nostro Pil nel 2025 compreso tra lo 0,8% e l’1,2%.

Non ci troviamo dunque di fronte ad un “disastro ecologico”, tuttavia non devono essere sottovalutate alcune minacce in grado di minare la nostra crescita prospettica. E la principale di queste minacce riguarda sicuramente i dazi che Trump intende imporre all’Unione Europea e che potrebbero colpire, sia direttamente che indirettamente il nostro Paese. Direttamente, in quanto 67 miliardi di esportazioni e, soprattutto, un surplus commerciale nei confronti degli Usa di ben 42 miliardi di euro rendono l’Italia molto vulnerabile alle “rappresaglie commerciali“ di Trump.

Tanto è vero che l’Ocse ha stimato che questi eventuali dazi potrebbero costare al nostro Paese una cifra compresa tra i 3,5 ed i 12 miliardi di euro. Ma Il punto è che verremmo colpiti anche indirettamente,per colpa” della Germania.  Infatti, quest’ultima è ancora più vulnerabile dell’Italia ai dazi di Trump in quanto è la nazione in Europa che vanta il maggior surplus commerciale verso gli Usa: 86 miliardi a fronte di 158 miliardi di esportazioni. Di conseguenza, sia le case automobilistiche sia i colossi farmaceutici quali Bayer e Basf potrebbero essere duramente colpiti spingendo il Pil della Germania, per il terzo anno, in territorio negativo. E non è certo di conforto il fatto che lo stesso governo tedesco abbia appena abbassato le previsioni di crescita per il 2025 dall’1,3% allo 0,3% .

Ora, il problema è che, poiché la Germania  è il nostro primo mercato di sbocco, visto che assorbe il 12% del nostro export, un ulteriore rallentamento della locomotiva tedesca avrebbe gravi conseguenze sul nostro export con particolare riferimento alla componentistica destinata all’industria pesante tedesca. Tuttavia, nonostante la minaccia dei dazi, vanno evidenziati almeno tre fattori in grado di sostenere la nostra crescita. Il primo di questi fattori riguarda sicuramente il Pnrr che, secondo un recente studio della Bce, potrebbe spingere il nostro Pil nel 2026 ad un livello compreso tra l’1,5 e l’1,9%.

E, su questo fronte, difficilmente il governo avrebbe potuto fare di più visto che l’Italia ha già incassato ben sei rate per complessivi 122 miliardi (il 63% del totale) ed ha già richiesto la settima rata di oltre 18 miliardi. Il secondo fattore “di sostegno” è invece connesso al nuovo clima di fiducia che si respira nei confronti del “sistema Italia”. Un nuovo clima, strettamente connesso all’attuale stabilità politica italiana, che emerge, da una parte, dai dati sulla fiducia di consumatori e imprese in netto miglioramento.

Dall’altra, dall’interesse dimostrato dagli investitori esteri per la prima emissione di Btp a dieci anni del 2025 che ha attirato l’attenzione di ben 400 investitori di 35 Paesi. Infine, il terzo fattore è costituito dall’ottimo andamento del nostro export, con particolare riferimento a quello diretto ai Paesi extra Ue che, nel 2024, ha toccato il record di 305 miliardi.

Dunque, diventa fondamentale, al fine di mitigare i contraccolpi dei  dazi, che il governo continui in questa direzione – anche avvalendosi delle grandi potenzialità di Sace che da 45 anni sostiene le aziende italiane nell’export e nei processi di internazionalizzazione – nel tentativo di ampliare l’interscambio commerciale verso Paesi nuovi. E qui si potrebbe spaziare dalle nazioni già nel mirino di Trump come Canada e Mexico ai Paesi detti Gate, individuati da Sace come mercati di particolare interesse per il nostro export (Brasile, Vietnam, Turchia, Singapore, Sudafrica etc). Anche perché ha perfettamente ragione la premier Meloni quando dice che, quando si stringono nuovi rapporti commerciali all’estero, non si fa politica estera, ma si fa politica interna.


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