Il presidente turco punta a rafforzare il proprio ruolo diplomatico (da svolgere sul dossier Ucraina) anche con una maggiore penetrazione nel costone balcanico, così da poter continuare a giocare su più tavoli. Gli intrecci con l’Italia e l’opportunità degli investimenti in difesa
Recep Tayyip Erdogan sa molto bene che il costone balcanico da problema da tempo è diventato occasione di distendere influenze e policies. Per questa ragione prosegue nella sua politica di rafforzamento delle relazioni, così come fatto poche ore fa ricevendo il presidente serbo Aleksandar Vucic: sul piatto l’influenza turca sul costone balcanico anche in chiave Kosovo e il complessivo potenziamento del proprio ruolo diplomatico che, proprio in queste ore, sta svolgendo sul dossier Ucraina.
I rapporti tra Turchia e Serbia
Secondo i dati ufficiali le esportazioni turche verso la Serbia hanno raggiunto i 2,13 miliardi di dollari nel 2022, un balzo rispetto agli 1,14 miliardi di dollari del 2020. L’obiettivo turco è arrivare a 5 miliardi. Oltre 11.000 lavoratori turchi stanno contribuendo al settore edile serbo mentre le aziende turche forniscono lavoro a 9.600 serbi. Uno strumento molto incisivo nelle relazioni tra i due paesi è rappresentato dalle iniziative in Serbia di Halkbank, ovvero Türkiye Halk Bankası A.Ş. fondata nel 1933 a Istanbul. Un forte link c’è anche alla voce turismo, grazie alla recente approvazione di un accordo di viaggio che consente ai cittadini di viaggiare con carte d’identità. Inoltre il Consiglio imprenditoriale Türkiye-Serbia ha stimato che gli investimenti turchi in Serbia sono aumentati da 1 a 400 milioni di dollari in dieci anni.
La difesa
Un miglioramento costante che Ankara è convinta di mantenere, con l’aspettativa di ampliare ancora di più la cooperazione in particolare nel settore della difesa, dettaglio che si intreccia con il tema della geopolitica nei Balcani e del ruolo forte rappresentato in quel settore dall’Italia (forte del recente accordo con la Turchia su Piaggio). Vucic (con cui il governo Meloni vanta un’ottima relazione, anche alla luce del recente business forum) ha da tempo annunciato una iniziativa per riarmare il suo paese, modernizzando mezzi e strutture. Gli undici accordi siglati ad ottobre tra Serbia e Turchia vanno proprio in questa direzione, con una commessa di droni turchi per le forze armate serbe che saranno il primo passo di questa nuova collaborazione.
Le spine
Kosovo e Bosnia rappresentano due fonti di preoccupazione e tensione. I due Paesi dei Balcani occidentali sono sempre stati in disaccordo, poiché Belgrado si è rifiutata di riconoscere l’indipendenza di Pristina nel 2008 e continua a rivendicarla come proprio territorio. Se da un lato Erdogan ha da tempo espresso la necessità che Belgrado abbia “buon senso” nel suo approccio alle tensioni con il Kosovo, dall’altro ha ancora una volta confermato il proprio impegno a proteggere la stabilità in Bosnia. Altra spina è rappresentata dalle proteste popolari: l’ultima datata 22 dicembre 2024 quando migliaia di persone sono scese in piazza a Belgrado per protestare contro il governo del presidente serbo Vučić.
Scenari
La presenza in Turchia due giorni fa del ministro degli esteri russo Sergei Lavrov presenta un nesso con le mire di Ankara: ovvero essere protagonista nella risoluzione del conflitto ucraino, con una oggettiva evoluzione del panorama geopolitico complessivo. Un passaggio che è stato ribadito con veemenza dal ministro degli esteri turco Hakan Fidan, che ha ricordato gli sforzi della Turchia per contribuire alle discussioni più ampie sulla fine del conflitto nei suoi colloqui con la controparte russa e americana, ma anche con il presidente ucraino Volodymyr Zelenskyy che è stato in Turchia la scorsa settimana.