Le Borse hanno reagito tutto sommato bene al voto tedesco, specialmente Francoforte. C’è molta Europa nella visione del prossimo cancelliere, ma i problemi di Berlino sono tanti e potranno persino aggravarsi
Per la Germania è una svolta, su questo ci sono pochi dubbi. L’affermazione di Friedrich Merz, leader della Cdu, alle elezioni federali tedesche apre scenari potenzialmente inediti per quella che è, ancora e a tutti gli effetti, la forza economica più importante d’Europa. E questo nonostante Berlino stia vivendo una delle peggiori crisi industriali degli ultimi decenni, a cominciare dal tunnel dentro il quale è finito l’intero settore automobilistico, schiacciato dalla pressa cinese e incapace di reagire alla sfida dell’euro elettrica.
L’UMORE DEI MERCATI
Tanto per cominciare, i mercati, che come sempre hanno l’occhio lungo in concomitanza con i grandi appuntamenti elettorali. Le borse europee si sono mostrate fin dalle prime ore del mattino abbastanza toniche, con Francoforte che ha reagito al voto tedesco con un +0,84%, seguita da Milano, anch’essa di buon umore, a +0,2%. Positiva anche Londra che ha guadagnato alle prime contrattazioni lo 0,14%, mentre Parigi ha ceduto lo 0,25%. E anche sul mercato del debito la situazione è rimasta tutto sommato positiva, con lo spread Btp/Bund inchiodato sotto i 110 punti base. Tutto questo porta a una prima conclusione: il messaggio fortemente europeista di Merz, futuro cancelliere sempre che si riesca a formare un nuovo governo, piace ai listini e agli investitori.
L’EUROPA SECONDO MERZ
Che ci sia tanta Europa nella visione di Merz è fuori di dubbio. Quello che però sembra essere il canovaccio della sua politica è la maggiore indipendenza, energetica, industriale, dunque strategica. Il che si sposa bene con un’altra concezione, quella di Mario Draghi. Sul tavolo di Bruxelles, per esempio, c’è la proposta di Ursula von der Leyen di escludere le spese militari dal Patto di Stabilità. Ma Merz, atlantista e comunque fautore del rigore fiscale, potrebbe cadere vittima di quella disciplina di bilancio tutta tedesca, che mal si concilia con gli investimenti.
Per questo Berlino dovrà necessariamente trovare un equilibrio tra disciplina fiscale e stimolo industriale, tra salvaguardia dei propri conti e consapevolezza che senza crescita, e la Germania ne ha un gran bisogno, non c’è futuro. Tutto questo chiama in causa anche l’Italia, per cui la Germania rappresenta il primo mercato di sbocco delle esportazioni. Inoltre, la sostenibilità del modello sociale tedesco è in pericolo: l’invecchiamento della popolazione e l’aumento della spesa per pensioni e sanità rendono necessaria una riforma del welfare.
LA GRANDE SFIDA CONTRO IL DECLINO TEDESCO
Insomma, alla fine tutto conduce alla lotta contro il declino industriale tedesco. Le imprese tedesche, impensabile fino a qualche anno fa, soffrono oggi di quella che i leader aziendali e sindacali definiscono una crisi di competitività determinata da carenze infrastrutturali, eccesso di burocrazia ed elevati costi energetici dopo l’invasione dell’Ucraina da parte di Mosca, dal cui gas Berlino era eccessivamente dipendente. Il governo di coalizione di Olaf Scholz, al potere dal 2021, ha ridotto notevolmente tale dipendenza, ma pagando di più il gas importato.
Nel frattempo, le auto tedesche sono diventate relativamente più costose, soprattutto rispetto alla Cina che da mercato di sbocco è diventata un agguerrito competitor nel settore automobilistico. Da due anni l’economia tedesca è per tutti questi motivi in recessione e ora le cose potrebbero peggiorare ulteriormente con la prospettiva della guerra commerciale legata ai dazi annunciati dagli Usa. I tedeschi, anche per questo, sono a votare pensando principalmente all’economia. E ora la palla passa a Merz.