È troppo presto per dire se il vertice di Riad segnerà un disgelo nel rapporto tra Russia e Stati Uniti, l’imprevedibilità di Trump rende complesse le previsioni. L’Ue comunque deve sedere ai tavoli negoziali e il format di Parigi ha segnato una strada che deve portare a una maggiore coesione in particolare sulla Difesa comune. In Italia il collante dei due populismi – Lega e Movimento 5 Stelle – è la “stanchezza” del conflitto in Ucraina. Colloquio con il senatore del Pd, Alessandro Alfieri
Ogni tanto riemerge, come un fenomeno carsico. O, se vogliamo, un amore mai del tutto sopito. La saldatura tra Lega e Movimento 5 Stelle in salsa filo-putinista è riemersa lampante nella vicenda legata agli attacchi della portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zacharova al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Una posizione che apre fronti di riflessione tanto a destra quanto a sinistra. “Le venature populiste che caratterizzano Lega e Movimento 5 Stelle si manifestano in prese di posizioni sovrapponibili. Marginalizzando, però, la portata della questione di fondo: la difesa dei valori sui quali si imperniano le democrazie liberali”. Lo dice sulle colonne di Formiche.net il senatore del Pd, Alessandro Alfieri.
Per lo meno sulla carta, i pentastellati sono vostri alleati. Fino a che punto tollererete queste prese di posizione?
Il Pd ha una linea molto chiara sull’Ucraina e più in generale sulla difesa dei valori alla base delle democrazie occidentali. Resto convinto che nella prospettiva di un’alleanza alternativa all’attuale esecutivo occorra lavorare più sui punti di unità che su quelli che dividono. Questo non significa non parlare di questi temi, sui quali credo dovrà esserci un grande lavoro supplementare da svolgere per trovare una linea comune.
Al di là del singolo episodio che ha visto coinvolto il Presidente della della Repubblica, come è evoluta la percezione del conflitto agli occhi dell’opinione pubblica?
Nei Paesi non immediatamente vicini alle zone del conflitto, la guerra sta portando a una forma di “stanchezza” nell’opinione pubblica. Nei partiti più populisti, come Lega e 5 Stelle, questo sentimento ha trovato una rappresentanza da cui scaturiscono posizioni talvolta sovrapponibili.
La giustificazione spesso addotta è quella del pacifismo.
No, questo è finto pacifismo. Mascherato, appunto, dalla volontà di dar voce a una certa fetta di elettorato che intende la guerra non come un attacco ai valori democratici occidentali quanto più a un evento che ha causato l’innalzamento delle bollette energetiche e un’impennata sui costi delle materie prime.
A proposito di conflitto in Ucraina. L’incontro tra Rubio e Lavrov a Riad segna davvero l’inizio del disgelo nel rapporto fra Usa e Russi?
Siamo alle battute iniziali. L’imprevedibilità di Trump rende qualsiasi previsione piuttosto complessa anche nel breve termine. Va ribadita, tuttavia, con forza una priorità: l’Europa non può essere esclusa dai tavoli negoziali per una serie di ragioni che passano dai ragionamenti sulle eventuali forze di pacekeeping fino a quelle più strettamente “territoriali”. La scelta del presidente Usa di asfaltare tutte le istituzioni multilaterali – sedi nelle quali, anche per l’Italia, si difendono gli interessi nazionali – è francamente inaccettabile.
Oltre alla decisione di stanziare ulteriori fondi per il sedicesimo pacchetto di aiuti all’Ucraina da parte di Ursula von der Leyen e quindi dell’Europa, c’è stata una prima reazione all’esclusione dell’Ue: il vertice all’Eliseo. Come valuta l’iniziativa del presidente Macron?
La reputo un’iniziativa lodevole perché il format di Parigi può portare, a livello comunitario, a una nuova consapevolezza sulla priorità che parta dalla necessità di una maggiore cooperazioni orientata alla costruzione della Difesa Comune europea. L’autonomia strategica, passa da lì. A una condizione.
Quale sarebbe?
La rottura del tabù sull’Europa 27. Occorre superare questo scoglio e, anche al di fuori del perimetro rigoroso dei trattati, portare avanti iniziative orientate al potenziamento della Difesa – che significano anche potenziamento della competitività europea e una maggiore integrazione fra le filiere industriali (non solo del settore) – lavorare con i Paesi che si allineano a questa agenda di priorità. Questo vale per la Difesa in prima istanza, così come sulle politiche industriali e sull’energia.
Il protagonismo europeo in questa negoziazione passerà anche dall’Italia?
È una prova importante sul piano politico per questo governo. L’auspicio è che il premier Giorgia Meloni non si faccia blandire dalle lusinghe trumpiane ma che lavori assieme a Macron, Sanchez e al prossimo premier tedesco per una maggiore compattezza europea. Solo nel contesto europeo, l’Italia potrà essere determinante.