Nonostante gli sforzi americani per limitare lo sviluppo tecnologico cinese attraverso il controllo dei microchip, la Cina ha trovato soluzioni innovative per aggirare queste barriere. La sfida non è solo tecnologica, ma anche strategica, con la Cina che sfrutta la sua vasta forza lavoro e risorse per competere con l’America
La sfida all’America del sistema d’intelligenza artificiale (AI) cinese DeepSeek è molto profonda – mette in questione il modo complessivo di affrontare la Cina da parte degli Stati Uniti.
Deepseek offre soluzioni innovative partendo da una base originale di debolezza. L’America pensava che monopolizzando l’uso e lo sviluppo di microchip sofisticati avrebbe tagliato le gambe allo sviluppo tecnologico cinese.
In realtà non è accaduto perché i cinesi, inventivi e pieni di risorse, hanno trovato soluzioni ingegneristiche che aggirano le barriere americane. Ciò detto però la tecnologia americana è quella rompighiaccio, quella che apre nuove frontiere, nuovi orizzonti.
Impossibili gare lineari
La questione sono i termini della “gara” tecnologica. Se la gara è puramente di inseguimento tecnologico lineare tra Usa e Cina, i cinesi con la loro inventiva e le risorse enormi di cui dispongono, hanno un vantaggio quasi incolmabile. Per esempio, la Cina sforna quattro milioni di laureati in ingegneria ogni anno, quasi più di tutto il resto del mondo messo insieme, e ha un’economia enorme semi pianificata che può concentrare su alcuni obiettivi prioritari come L’America non può fare.
Pechino ha milioni di ingegneri e miliardi da investire, senza la speranza immediata di ritorni finanziari mentre le aziende americana sono sottoposte a obblighi di mercato con ritorni finanziari diversi). Quindi la Cina riuscirà ragionevolmente sempre a raggiungere e superare in volata l’ultima innovazione americana. Recupererà così ogni tecnologia che gli Stati Uniti introdurranno.
Pechino non ha bisogno di setacciare il globo alla ricerca di svolte tecnologiche o di risparmiare risorse nella sua ricerca di innovazioni. Tutto il lavoro sperimentale e lo spreco di fondi sono già stati fatti in America. I cinesi possono vedere cosa funziona in America e riversare tutti i soldi e le migliori menti in pochi progetti mirati, scommettendo ragionevolmente in un miglioramento marginale. L’ingegnosità cinese farà il resto, anche senza considerare un eventuale spionaggio industriale.
Poi, l’America può sempre trovare nuove svolte, e la Cina può sempre recuperare il terreno. L’America può lamentarsi: “la mia tecnologia è migliore” (per qualsiasi motivo), ma il rapporto prezzo/qualità dei prodotti cinesi continuerà a conquistare spazio sul mercato. E gli Stati Uniti potrebbero trovarsi sempre più in difficoltà a competere fino a perdere.
Non è uno scenario piacevole che potrebbe essere costretto a modificarsi solo in modo violento da una parte o dall’altra. C’è oggi già un “more bang for buck” in termini lineari, quello che negli anni Ottanta mise l’Urss in bancarotta. Solo che oggi gli Usa possono essere posti nelle condizioni difficili che allora furono dell’Urss.
Allora, forse, il semplice “delinking” tecnologico non basterà. Non vuol dire che gli Stati Uniti dovrebbero abbandonare le politiche di delinking. Ma forse ci dovrebbe essere qualcosa di più completo.
Giappone
Cioè il modello del distacco tecnologico solo e semplice forse non può funzionare. La Cina pone una sfida più complessiva all’America e all’Occidente. Ci deve essere un approccio articolato a 360 gradi di una strategia dell’America e dell’Occidente verso il mondo e in questa articolazione si può inserire la Cina a certe condizioni.
Se l’America riuscisse ad articolare questa strategia, allora avremmo un quadro di medio-lungo termine in cui sperare di evitare il rischio di una nuova guerra mondiale.
Cina ha perfezionato il giapponese kaizen, di miglioramento progressivo e marginale delle tecnologie esistenti. Grazie al kaizen negli anni ’80 il Giappone sperava di superare l’America. Ciò non è avvenuto per una serie di scelte industriali sbagliate e per un modello di sviluppo giapponese più rigido. Ma oggi con la Cina potrebbe essere diverso.
La Cina non è il Giappone. È più grande (ha una popolazione quattro volte quella degli Usa, mentre i Giapponesi erano un terzo degli americani) e più chiusa. Lo yen nipponico era pienamente convertibile (anche se sostenuto nel cambio basso dalla Banca centrale di Tokyo), il remimbi cinese non è pienamente convertibile. Ma forse siamo alla stessa situazione storica. Sia negli anni ’80 che oggi il Pil del Giappone e la Cina era ed è circa due terzi di quello americano.
Per gli Stati uniti oggi quindi ci vuole uno sforzo diverso. Occorre creare alleanze integrate per prendere spazi crescenti (che sono anche di mercato) nel mondo, campo di battaglia dello scontro Usa-Cina.
La Cina ha capito, diversamente dal Giappone di 40 anni fa, che lo spazio internazionale e multilaterale, è cruciale. Pechino sta cercando di trasformare Brics in una sua alleanza. Non riesce, per mille motivi, ma non si può trascurare l’attenzione nuova di Pechino rispetto alla sua storia e all’esperienza giapponese.
Gli Usa devono proporre un loro nuovo modello integrato di sviluppo che allarghi il pool demografico e di risorse umane che può afferire all’America. Gli Usa devono pensare a una maggiore integrazione dei paesi alleati che crei uno spazio “fuori” non necessariamente ostile ma “estraneo” alla Cina, permeabile alla Cina solo a patto di aderire rigidamente ad alcune chiare regole del gioco senza ambiguità o “imbrogli”.
Questo spazio allargherebbe il potere americano in senso lato, la solidarietà internazionale intorno all’America e compenserebbe lo squilibrio demografico e di risorse umane degli Usa. Ciò cambierebbe quindi l‘apporto di risorse e umane e finanziarie dell’attuale corsa tecnologica, e quindi ne condizionerebbe l’esito finale.
Bismarck
Per la Cina c’è un altro precedente storico a cui pensare – la Germania guglielmina, pensata da Bismarck, tra fine ‘800 e inizio ‘900. Allora la Germania imitava la Gran Bretagna e diventò migliore della Gran Bretagna. Made in Germany, da marchio di vergogna, diventò marchio di qualità. La Germania divenne più educata, più libera, più tollerante, più democratica, e anche più aggressiva della Gran Bretagna. La Cina potrebbe scegliere questa strada senza l’aggressività che poi ha portato alla fine e alla sconfitta di quella Germania.
Lo farà? Oggi Pechino è pronta essere più aperta e tollerante degli Usa? Questo, tra l’altro, permetterebbe in teoria alla Cina anche di sorpassare gli Usa come rompighiaccio tecnologico. Però questo modello per tanti versi va contro le sue eredità storiche. L’impero cinese ha una tradizione di conformità da cui fa fatica a liberarsi.
Per USA il rebus è: riesce a coalizzare e stringere più a sé alleati e non alienarli? In teoria la strada dell’America è più facile e più nelle sue corde, ma ci sono difficoltà meno apparenti. L’impero americano oggi si sente tradito dal mondo, e forse in particolare dagli Europei, e riaprirsi ad esso, con regole e modi diversi, è complicato. Ma il rivoluzionario presidente Donald Trump forse potrebbe e vorrebbe farlo?
La via della pace passa per il fatto che gli Usa o la Cina, o entrambi, si riformino in questo senso. Così si evita la guerra mondiale. Se gli Usa coalizzano il mondo intorno a sé, la Cina è isolata, si prosciuga e si chiude su sé stessa, e smette di essere una minaccia senza bisogno di ricorrere a una guerra distruttiva. Se la Cina si apre e si democratizza finisce una ragione di fondo dello scontro con gli Usa. Se entrambi si riformano c’è un ordine mondiale diverso che può essere patteggiato.