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In Ucraina una vittoria russa destabilizzerebbe l’ordine globale. L’analisi di Cavo Dragone

La Nato conferma il proprio sostegno all’Ucraina, respingendo ogni ipotesi di arretramento davanti all’aggressione russa. L’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, presidente del Comitato militare della Nato, dopo la sua visita a Kyiv ribadisce che una vittoria di Mosca destabilizzerebbe l’ordine internazionale. Mentre il conflitto entra nel suo terzo anno, l’Europa è chiamata a un impegno maggiore

La Nato continua a sostenere l’Ucraina nella sua resistenza all’aggressione russa, e non intende arretrare di fronte alle minacce di Mosca. Lo ha ribadito il presidente del Comitato militare della Nato, l’ammiraglio italiano Giuseppe Cavo Dragone in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera, dopo la sua recente visita a Kyiv, dove ha incontrato i vertici ucraini, tra cui il presidente Volodymyr Zelensky, il ministro della Difesa Rustem Umerov e il ministro degli Esteri Andriy Sybiha. Il messaggio di Cavo Dragone è chiaro: una vittoria russa destabilizzerebbe l’ordine internazionale. E mentre la guerra entra nel suo terzo anno, e la pressione militare su Kyiv resta forte, l’Alleanza Atlantica deve confermare la sua strategia di lungo termine rafforzando l’esercito ucraino, mantenendo la deterrenza e preparando il terreno per una pace giusta e duratura.

L’analisi del conflitto

Secondo Cavo Dragone, nonostante alcuni limitati successi sul campo, l’esercito russo subisce perdite gravissime, con una media di 7-800 soldati al giorno e un totale di oltre ottocentomila militari, tra morti e feriti, dall’inizio dell’invasione. “Ho trovato nei vertici ucraini una determinazione invariata: la volontà di difendere il loro territorio resta salda come nei primi giorni di guerra”, ha dichiarato l’ammiraglio, sottolineando come la strategia di Vladimir Putin sia ormai un fallimento. “Siamo a tre anni di guerra e lui mirava a vincere in tre giorni”, ha aggiunto. Le difficoltà russe evidenziate dall’ammiraglio, spesso “senza un reale vantaggio strategico sul campo”, non devono tuttavia trarre in inganno sulla continua pericolosità dello strumento militare di Mosca, a cui Kyiv sta rispondendo con tutti i mezzi a sua disposizione, a partire dall’uso massiccio dei droni “Non un segnale di debolezza” ha precisato Cavo Dragone “ma una scelta strategica: i droni sono strumenti efficienti che permettono di compensare l’inferiorità numerica con una superiorità tecnologica”.

La strategia della Nato

“La pace non può essere un semplice congelamento del conflitto che permetta alla Russia di riorganizzarsi per una nuova offensiva”, ha avvertito Cavo Dragone. La Nato continua a insistere su tre principi chiave: il rafforzamento dell’esercito ucraino, la fornitura di garanzie di difesa e il rispetto del diritto internazionale. Secondo i media ucraini, Zelensky avrebbe ribadito che Putin non è interessato a negoziare una pace giusta, ma sta invece intensificando i preparativi per un prolungamento del conflitto. Un quadro che trova conferma nelle parole dell’ammiraglio: “A Kyiv si percepisce chiaramente che l’aggressione russa prosegue senza sosta e non si vedono segnali concreti di una volontà russa di negoziare seriamente”.

Maggiori impegni europei

L’ex capo di Stato maggiore italiano è stato anche interrogato sulle recenti dichiarazioni di Donald Trump, il quale ha affermato di aver parlato con Putin. “Non so nello specifico, ma ogni dialogo è benvenuto”, ha commentato Cavo Dragone, evidenziando tuttavia che la posizione della Nato rimane immutata: garantire la sicurezza transatlantica, indipendentemente dagli sviluppi politici tra Mosca e Washington. Uno degli interrogativi più urgenti riguarda il possibile blocco degli aiuti americani all’Ucraina. Su questo punto, Cavo Dragone si è detto fiducioso: “Non credo che l’America azzererà il supporto militare all’Ucraina. Potrebbe rimodularlo, ma non interromperlo del tutto”. Ha poi sottolineato come l’Europa stia già giocando un ruolo determinante nel sostegno a Kyiv, con importanti contributi da parte di paesi come Svezia, Finlandia, Paesi Bassi, Canada e Regno Unito. “Se gli Stati Uniti dovessero ridurre il loro impegno, sarà un’occasione per l’Europa di assumersi maggiori responsabilità e rivedere la propria politica di difesa”, ha aggiunto.


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