Una pace duratura non potrà prescindere da una ritrovata compattezza tra Stati Uniti e alleati europei e bisognerà fare in modo che questa guerra non crei un pericoloso precedente a livello internazionale. Il commento dell’ambasciatore Giovanni Castellaneta
A tre anni dallo scoppio della guerra tra Russia e Ucraina occorre innanzitutto ribadire due punti fermi. Il primo è che il conflitto è iniziato a causa dell’invasione da parte di Mosca e non in seguito a presunte provocazioni da parte di Kyiv. Il secondo è che l’Occidente ha fatto bene a sostenere, militarmente e finanziariamente, l’Ucraina per evitare che soccombesse sotto l’attacco russo. Fatte queste doverose premesse, però, oggi è necessario ragionare con lucidità e realismo senza lasciarsi trascinare da polemiche politiche che rischiano di distogliere da ciò che dovrebbe essere l’unico obiettivo, ovvero il raggiungimento della pace.
Sembra ormai chiaro che il conflitto terminerà – non si sa esattamente quando ma auspicabilmente nel corso di quest’anno – e con esso anche l’invasione russa dell’Ucraina. E importante ora adoperarsi per una pace giusta e duratura, che mantenga l’integrità del Paese anche se questo concetto le visioni tra le parti belligeranti sono divergenti. Per Mosca significa lasciare l’Ucraina indipendente al netto delle regioni russofone, mentre per Kyiv non c’è una pace accettabile che non includa il ritorno ai confini precedenti agli accordi di Minsk, riottenendo dunque la Crimea (annessa dalla Russia nel 2014) e il Donbass. Tuttavia, occorre accettare la realtà delle cose, ovvero che la Russia ha vinto militarmente il conflitto: per sbloccare l’impasse che si è creata ormai da molti mesi sul terreno, l’Ucraina dovrà purtroppo essere disposta a fare dei sacrifici rinunciando ad alcune parti del proprio territorio.
A malincuore, occorrerà dunque dire “scordiamoci del passato” (anche se fino a un certo punto). La priorità dovrà essere data alle modalità con cui si cercherà di costruire una pace in grado di garantire stabilità nel tempo, e per fare questo sarà opportuno che ciascuno degli attori coinvolti si prenda le proprie responsabilità. A partire dai Paesi europei, ovviamente, che oggi si sentono scavalcati a livello diplomatico ma che devono trovare una voce sola per riuscire a contare qualcosa. E coinvolgendo anche altre parti terze che hanno un’importanza strategica, non fosse altro per la loro posizione a livello geopolitico, come la Turchia che oltre ad essere vicina di casa di Ucraina e Russia è anche un membro cruciale della Nato.
Che dire, invece, del ruolo dell’Italia? Il nostro Paese fino a oggi non ha mai lesinato il proprio sostegno a Kyiv e sono certo che non verrà a mancare nemmeno in futuro. Dovremo essere pronti a giocare un ruolo da protagonisti nella ricostruzione dell’Ucraina, che sarà un processo fondamentale per garantire un futuro a Kyiv ma anche per offrire prospettive di maggiore sicurezza all’Europa intera, a prescindere da chi governerà il Paese martoriato dalla guerra dopo che verrà a cadere la legge marziale e si terranno nuove elezioni.
Comunque vada a finire, questa tragica vicenda dovrebbe lasciare all’Occidente almeno due lezioni. La prima è che una pace duratura non potrà certo prescindere da una ritrovata compattezza tra Stati Uniti e alleati europei: solo così si potrà raggiungere l’obiettivo Muga (Make Ukraine Great Again), parafrasando un acronimo ormai molto in voga. La seconda è che bisognerà fare in modo che questa guerra non crei un pericoloso precedente a livello internazionale, consentendo l’uso della forza per risolvere dispute territoriali (pensiamo, per esempio, a cosa fu fatto in passato anche a danno di noi italiani con riferimento all’Istria e alla Dalmazia). L’invasione dell’Ucraina dovrà rimanere un unicum nel panorama globale odierno, altrimenti il rischio che vicende simili si ripropongano in altre parti del globo (vedi, per esempio, la diatriba tra Cina e Taiwan) sarà sempre più elevato.