Il contenuto del messaggio di Ocalan va letto in filigrana tenendo presente i grandi cambiamenti che stanno avvenendo nel Medio Oriente: le relazioni turco-iraniane da un lato, quelle tra Ankara e Washington dall’altro, i desiderata americani sull’intera area che tocca Iraq e Afghanistan, il peso specifico della Turchia
Deporre le armi e avviare la pax sul Bosforo. Così si avvicina una svolta per una Turchia libera dal terrore. È storico l’appello lanciato dal leader incarcerato del gruppo terroristico Pkk Adullah Ocalan che aggiunge un pezzo (forse decisivo) al puzzle per la soluzione del conflitto quarantennale fra il gruppo e lo Stato turco, avviato nell’ottobre scorso dal partner di coalizione del presidente Recep Tayyip Erdogan, Devlet Bahceli. Quest’ultimo aveva aperto alla libertà condizionata per il leader curdo solo se il suo gruppo si fosse sciolto. Appare chiaro che attorno alla partita sul Pkk se ne giocano almeno altre due, legate alla supremazia regionale in Siria e alle relazioni con la nuova amministrazione americana.
L’appello
“Come farebbe volontariamente qualsiasi comunità o partito contemporaneo che non sia stato sciolto con la forza, vi esorto a convocare il vostro congresso, a integrarvi nello Stato e nella società e a prendere una decisione: tutti i gruppi devono deporre le armi e il Pkk deve sciogliersi”. Queste le parole di Öcalan lette da una delegazione del Peoples’ Equality and Democracy Party (Partito DEM), che ha fatto visita a Öcalan nella prigione dell’isola dinanzi a Istanbul dove è detenuto.
Ha aggiunto che lo scioglimento è passaggio obbligato, dal momento che ci troviamo in una fase caratterizzata da “intensa violenza, due guerre mondiali, l’ascesa e la caduta del vero socialismo, la Guerra fredda e la negazione dell’identità curda”. La sua riflessione poggia sulla consapevolezza che “il crollo del vero socialismo negli anni ’90 per ragioni interne, l’erosione della negazione dell’identità nel paese e i progressi nella libertà di espressione hanno portato alla perdita di significato del Pkk e alla sua eccessiva ripetizione. Pertanto, come le sue controparti, ha raggiunto la fine del suo ciclo di vita, rendendo necessario il suo scioglimento”. Per cui la nuova fase per la Turchia deve essere “costruita sulla democrazia per una pace duratura, rifiutando qualsiasi percorso alternativo al di fuori del consenso democratico”.
Le reazioni
Secondo Efkan Ala, vicepresidente del partito al governo Giustizia e Sviluppo (AKP) “se l’organizzazione terroristica valuta questo appello, depone le armi e si scioglie, libererà la Turchia dalle sue catene”. Non basta però questo appello, almeno per ora, affinché venga stemperata la possibile reazione governativa in caso di nuovi attacchi: da Ankara fanno sapere che le azioni del gruppo terroristico non saranno tollerate, né in Turchia né nei vicini Iraq e Siria, se continueranno a rappresentare una minaccia per la sicurezza regionale. Secondo il governo Erdogan, il terrorismo del Pkk resta un ostacolo al consolidamento dei legami tra turchi e curdi. La replica del Pkk si ritrova in alcune dichiarazioni secondo cui il gruppo non darà ascolto all’appello di Öcalan e non si scioglierà, dovrà “subirne le conseguenze”, sottintendendo che potrebbero essere in programma nuove e diffuse operazioni antiterrorismo. Accanto a ciò lo schema prevede la rimozione di Öcalan dall’isolamento nella prigione dell’isola di Imrali.
Il futuro quadro turco
Perché Öcalan ha chiesto il disarmo e si è assunto la responsabilità storica di questo appello? In primis ritiene che la posizione di Bahçeli, “insieme alla determinazione espressa del Presidente e agli approcci positivi di altri partiti politici nei confronti del noto appello, hanno creato questo clima”. L’appello di Bahçeli risale allo scorso 2 ottobre ed è stato interpretato come il primo passo di una nuova era politica per la Turchia, iniziata mesi prima con le elezioni della primavera 2024, le ultime a cui Erdgan per sua stessa ammissione ha partecipato.
Il contenuto del messaggio di Ocalan va letto in filigrana tenendo presente i grandi cambiamenti che stanno avvenendo nel Medio oriente: le relazioni turco-iraniane da un lato, quelle tra Ankara e Washington dall’altro, i desiderata americani sull’intera area che tocca Iraq e Afghanistan, il peso specifico della Turchia guidata da un comandante che ha deciso di passare la mano solo dopo un grande risultato. Ci sono tutti gli elementi perché il panorama geopolitico e sociale offra opportunità ma anche rischi. Starà alla lungimiranza degli attori protagonisti scegliere.