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Poste e Cdp al turn over su Tim. Il ruolo dello Stato e il fattore mercato

Completato lo scambio di quote tra le due società. Ora Poste ha un piede ben saldo nel gruppo telefonico, mentre Cassa ha aumentato il peso in Nexi. Ora restano da vedere le eventuali mosse di Iliad. Ma il governo vigilerà

Il minimo comune denominatore è lo Stato, che manterrà un piede ben saldo dentro Tim, aspettando una possibile, ma per nulla scontata, sinergia con Iliad. Nel fine settimana è successo quello che il mercato si aspettava e cioè quel passaggio di testimone, con due board quasi in contemporanea, tra Cassa depositi e Poste dentro il gruppo telefonico, reduce da conti decisamente convincenti e dal ragionevole ritorno di una prospettiva di dividendo, entro i prossimi due-tre anni.

Con uno scambio di partecipazioni tra due aziende controllate dallo Stato, Poste ha comprato dalla Cassa il 9,81% di Tim pagando in contanti e in azioni Nexi per il 3,78% (Cdp ha già il 14,46% della società di servizi interbancari). La notizia dell’operazione, a dire il vero, era circolata venerdì, a pochi mesi dalla vendita della rete al fondo americano Kkr per 22 miliardi sotto la supervisione pubblica.

La logica industriale è stata spiegata sia da Poste sia da Cdp in due comunicati. Per Poste l’acquisizione del 9,81% di Tim da Cdp “abilita l’evoluzione dei rapporti commerciali tra Tim e Poste Italiane”, si legge nella nota. “A tal riguardo è in fase avanzata la negoziazione per la fornitura di servizi per l’accesso di Postepay, società interamente controllata da Poste Italiane, all’infrastruttura di rete mobile di Tim”. L’operazione, dunque, ha una forte valenza industriale per Poste Italiane.

Mentre, sponda Cdp, via Goito “aumenta la propria quota in Nexi dall’attuale 14,46% al 18,25% complessivo, rafforzando così il sostegno alla strategia industriale di un’azienda, protagonista in Europa nell’infrastruttura dei pagamenti digitali, che sin dalla sua nascita quattro anni fa ha avuto Cassa al suo fianco”. Insomma, una filosofia win-win, su cui ora costruire eventuali, nuovi, scenari industriali. Per esempio, Iliad avanzerà o meno su Tim? Forse, sempre che gli altri azionisti della compagnia telefonica lo permettano, a partire dai francesi di Vivendi che avrebbero avuto molto da guadagnare da una cessione a Iliad.

Il governo, però, è pronto a fare la sua parte e a tutelare gli interessi nazionali. Proprio giovedì al Senato il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, a proposito di un eventuale caso Tim-Iliad aveva detto che “quello che fa e farà sempre il Ministero, in qualsiasi partita, nell’ambito delle telecomunicazioni e in ogni settore coperto dal golden power, è tutelare l’interesse nazionale attraverso gli strumenti consentiti con il golden power”. Palla al centro.


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