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Puzzle oceanico. Come si sta evolvendo la questione delle isole Chagos

Le isole Chagos guadagnano spazio nella politica internazionale, con le elezioni in Mauritius e gli Usa che hanno rimescolato le carte. E con la Cina che entra, seppur indirettamente, nella questione

Le isole Chagos, arcipelago dell’Oceano Indiano, sono oggi al centro di un triangolo diplomatico che coinvolge Londra, Washington e le isole Mauritius, all’interno di un’epopea che va avanti da mesi, con ricadute tutt’altro che secondarie.

Lo scorso ottobre, il governo britannico e quello delle Mauritius hanno firmato un accordo per la cessione della sovranità delle isole Chagos, ultimo lembo di terra ancora sotto il controllo della corona britannica dopo l’indipendenza di Mauritius nel 1968, a queste ultime; all’interno del accordo è stato pero incluso un contratto di locazione della durata di novantanove anni per la base militare anglo-americana sull’isola di Diego Garcia, la più grande tra quelle che compongono l’arcipelago delle Chagos.

Ma nel mese di novembre l’esito di due diverse elezioni, quelle avvenute nelle Mauritius e quelle avvenute negli Stati Uniti, ha rimesso tutto in ballo. La prima di queste due elezioni ha portato alla guida del Paese il laburista Navin Ramgoolam, il quale ha messo in discussione l’accordo negoziato dal suo predecessore socialista Pravind Jugnauth, rallentando il processo di ratifica e suggerendo in Parlamento che “Trump dia un’occhiata all’accordo. Il Presidente Trump non è un lupo[…]Il presidente è appena stato eletto. Non sono nella posizione di imporgli un calendario. Esaminerà le questioni quando avrà tempo”.

La Gran Bretagna ha dichiarato di essere in attesa che la nuova amministrazione statunitense riveda l’accordo, che sarebbe stato oggetto di dialogo tra il consigliere per la sicurezza nazionale di Trump Mike Waltz e il suo omologo britannico Jonathan Powell, in visita a Washington questa settimana. Tuttavia, i funzionari del governo britannico ritengono che manchino ancora alcune settimane ad una decisione definitiva, e sperano di finalizzare l’accordo dopo la Conferenza sulla sicurezza di Monaco del 14-16 febbraio, dove il ministro degli Esteri britannico David Lammy incontrerà probabilmente il segretario di Stato americano Marco Rubio, il quale ha però precedentemente sollevato preoccupazioni sul fatto che l’accordo rappresenti una minaccia per la sicurezza degli Stati Uniti, per via delle relazioni economiche di Mauritius con la Cina.

Nel frattempo, il leader del Paese insulare ha dichiarato che il governo inglese ha acconsentito negoziate nuove condizioni, che prevedono non solo i pagamenti del leasing da parte di Londra, ma anche un aggiustamento degli stessi all’inflazione. Modifiche che porterebbero l’erario inglese a veder raddoppiare i costi originali, i quali schizzerebbero da nove miliardi di sterline a ben diciotto. La notizia è stata immediatamente smentita dal Ministero degli Esteri britannico, che ha dichiarato “imprecise e fuorvianti” le cifre citate, specificando che “Il Regno Unito firmerà solo un accordo che sia nel (suo) interesse nazionale”. Tuttavia, la questione ha causato una forte reazione da parte dell’opposizione conservatrice, che ha attaccato il governo chiedendo come “In un momento in cui non ci sono soldi, si possano spendere miliardi di sterline per regalare qualcosa?”.

“Il team di Trump sarà consapevole che sarà un potenziale punto di leva – sono consapevoli che è diventato un problema politico per il governo Starmer”, ha dichiarato in forma anonima a Politico una persona con una diretta conoscenza dei fatti.


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