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La Russia si sta ingolfando. E lo ammette anche il Cremlino

Il ministro per lo Sviluppo Economico, Maxim Reshetnikov, ha dovuto prendere atto del rallentamento in essere dell’economia russa, dall’alimentare, alla chimica, passando per la crisi di liquidità delle banche. E i prossimi mesi non andrà molto meglio

Detto da un membro del governo fa un tutt’altro effetto, se non altro perché non si tratta di economisti e analisti. L’economia russa sta effettivamente rallentando, per tutta una serie di motivazioni a più riprese messe in evidenza da questa testata. La voce è quella del ministro per lo Sviluppo Economico, Maxim Reshetnikov, figura di primo piano nella nomenklatura russa e nella gestione, insieme al responsabile delle Finanze, Anton Silunov, dell’economia della Federazione.

La quale sta effettivamente “mostrando i primi segnali di raffreddamento, con vendite e ordini in calo in vari settori a causa degli elevati tassi di interesse e dell’inflazione”, ha affermato Reshetnikov, citato dall’agenzia di stampa Interfax. Considerazioni amare, arrivate a valle di una discussione interna allo stesso governo, dalla quale sono emerse una serie di criticità, a cominciare dai prezzi più bassi del petrolio, i vincoli di bilancio e l’aumento dei crediti inesigibili da parte delle banche. Un problema, quest’ultimo, riconducibile all’impennata dei tassi, al 21%, che ha di fatto resto insostenibile per il grosso delle aziende russe, rimborsare i prestiti agli istituti.

“Già sulla base dei risultati di novembre e soprattutto di dicembre, vediamo che la crescita ha smesso di essere frontale, il ritmo è rallentato in diversi settori: l’industria alimentare, l’industria chimica, la produzione del legno e alcuni settori della costruzione di macchinari”, ha affermato ancora Reshetnikov. “Il volume degli ordini delle aziende sta diminuendo: un esempio lampante è il mercato automobilistico, dove le vendite di veicoli per passeggeri e, in particolare, di macchinari specializzati e attrezzature agricole, stanno diminuendo a causa degli elevati tassi di interesse sui prestiti.”

Parole che, nelle stanze del Cremlino, devono essere risuonate come sinistre. Ma forse non nuove, visto che le reali condizioni dell’economia russa sono note. Basta guardare alle banche, che giorno dopo giorno, perdono le loro certezze. Da quando Mosca ha deciso di aggredire l’Ucraina, alle banche, statali o private fa poca differenza, è stato chiesto di aumentare il volume dei prestiti alle imprese legate all’industria bellica.

E per gli istituti sono dolori e non resta che dare fondo al bene rifugio per eccellenza, l’oro, ora diventato mezzo di sopravvivenza. Ecco come si spiega il fatto che le riserve auree fisiche nelle banche russe, alla fine del 2024, siano diminuite drasticamente, attestandosi a circa 38 tonnellate, ovvero la metà rispetto all’autunno del 2023. Al primo gennaio 2025, il volume di oro detenuto negli istituti commerciali ha raggiunto il livello più basso da luglio 2022. Secondo la Banca centrale russa, nel 2024 i saldi dei conti dei metalli preziosi sono diminuiti del 23,6% in termini monetari, mentre sono scesi del 46%, ovvero di oltre 33 tonnellate, in termini fisici. Basta un confronto: l’ultima volta che si è assistito a un calo così netto delle riserve auree è stato nel 2020, durante la pandemia, quando il volume di oro detenuto dalle banche russe è diminuito di 34,5 tonnellate. Anche questo al Cremlino lo sanno?


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