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Salvini, la spina di Meloni (anche in Ue). Alla sinistra serve un nuovo De Gasperi. Parla Pombeni

È complesso immaginare una nuova leadership per la Lega, ma soprattutto è difficile che un nuovo segretario possa allargare la base elettorale. Salvini è un ostacolo in Europa per Meloni, ma chi conta è lei (anche per consolidare l’asse con i popolari). I rapporti con gli Usa? Loro trattano con chi vince. E a sinistra serve un nuovo De Gasperi. Conversazione con il politologo di Unibo, Paolo Pombeni

Chissà se Matteo Salvini mangerà la colomba da segretario del partito oppure se, al suo posto, ci sarà qualcun altro. Al di là dell’intesa raggiunta sulla pace fiscale con il titolare del Mef, Giancarlo Giorgetti, ciò che emerge dal consiglio federale del Carroccio lascia intendere che le acque siano agitate. Per i retroscenisti il materiale abbonda, ma l’intendimento di arrivare a un nuovo Congresso entro Pasqua apre due strade. Una senza danni apparenti, ossia di mantenimento dello stato di fatto (con annessi mal di pancia, il Patto per il Nord è significativo in questo senso). L’altra, potrebbe portare a un cambio al vertice del partito. Anche se, ragiona con Formiche.net il politologo dell’università di Bologna, Paolo Pombeni, “cambiare un leader sommo, benché privo di una strategia efficace sul piano politico, non è un passaggio banale. Ed è poco probabile che anche con un nuovo segretario la Lega riacquisti terreno”.

Professore, secondo lei il Carroccio è destinato a galleggiare attorno all’8% senza possibilità di allargare il proprio bacino?

A meno di grossi sconvolgimenti penso proprio di sì. Fra l’altro la competizione tra Fratelli d’Italia e Carroccio, che ha spinto quest’ultimo verso posizioni più estremiste è ben poco pagante sul piano elettorale. Mediamente agli italiani non piacciono gli estremi, salvo alle frange ristrette da una parte e dall’altra.

Sarebbe naturale pensare che con un cambio di leadership il partito possa tornare a essere competitivo. 

Partiamo dal presupposto che la Lega è una galassia particolarmente complessa da penetrare dall’esterno. Non penso sia così indolore un’eventuale nuova leadership che dovesse affermarsi in seno al movimento durante il Congresso. I partiti in cui il capo diventa così importante, fanno fatica a riprendere terreno anche se si cambia vertice.

La rivalità fra Meloni e Salvini si è consumata anche sulla partecipazione alla cerimonia di insediamento di Trump alla Casa Bianca. 

Sì, poi alla fine sappiamo com’è andata. Meloni è stata invitata, Salvini no. D’altra parte, è una dinamica non nuova specie nel rapporto tra il nostro Paese e gli Usa.

A cosa fa riferimento?

Gli Usa non si sono mai fatti condizionare dai partiti minori. Durante la Prima Repubblica, i partiti “minori” tentavano di accreditarsi con gli Stati Uniti ponendosi come interlocutori. Ma poi, a conti fatti, gli Usa trattavano sempre e solo con la Democrazia Cristiana.

In prospettiva europea, Meloni ha delineato una traiettoria molto chiara. I Patrioti, di cui la Lega è parte, sono al di fuori di questo perimetro. 

La Lega è una spina nel fianco per Meloni anche sul piano internazionale. Ma è una spina che provoca fastidio e qualche acciacco, ma non è dolorosa. Detto questo, anche in virtù dei rapporti bilaterali o multilaterali che l’Italia ha e avrà con gli altri Paesi, l’orientamento è quello di consolidare sempre di più l’asse tra conservatori dell’Ecr e popolari del Ppe. Quindi, tra Forza Italia e Fratelli d’Italia.

A proposito di spine nel fianco. C’è molto movimento al centro. Dopo gli appuntamenti di Orvieto e Milano se ne prepara uno per i prossimi giorni a Roma. Sta nascendo qualcosa di nuovo?

Alla sinistra per tornare a essere competitiva servirebbe un nuovo Alcide De Gasperi o un Amintore Fanfani dei tempi migliori. Un soggetto in grado di coagulare attorno a sé diverse sensibilità. Il mondo cattolico che si sta muovendo, pur nella sua eterogeneità, vanta esperienze importanti (al di fuori, spesso, del professionismo politico). Questa forza che si sta organizzando – non si sa bene in che forma – potrebbe essere una leva di competitività in termini di proposta di governo alternativo alla destra. Ma Elly Schlein, tutto questo, non l’ha capito.


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