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SpaceSail, così la Cina lancia la sua sfida a Starlink e agli Usa

Pechino sarebbe infastidita per l’uso dei satelliti di Musk in Ucraina, ma allo stesso tempo ha cominciato a studiarli per arrivare a un’alternativa in grado di competere con il servizio di SpaceX. Una risposta è rappresentata da SpaceSail, ma in generale gli investimenti sono massicci. Costringendo Washington a muoversi per non perdere terreno

In terra e in cielo. È dove si sta consumando la competizione tecnologica tra Stati Uniti e Cina. È da tempo che Pechino sta osservando le mosse spaziali degli americani, e quindi di Elon Musk. La sua SpaceX sta svolgendo un ruolo centrale nei piani delle varie amministrazioni statunitensi, democratiche quanto repubblicane, come nel caso di Starlink. A cui i cinesi starebbero rispondendo aumentando le attività del loro sistema di connessione satellitare, SpaceSail, di proprietà del municipio di Shanghai.

Come riportato da Reuters, lo scorso autunno la Cina ha siglato un accordo con il Brasile, poi ha cominciato a operare anche in Kazakistan. In tutto, sono 30 i Paesi con cui è in trattative. Finora conta appena 72 satelliti in orbita terrestre bassa, ma la volontà annunciata è quella di lanciarne entro l’anno circa 650, che entro la fine del decennio dovranno diventare 15.000. Molti di meno rispetto a quelli di Starlink – che ne vanta al momento 7.000 ma che entro il 2030 dovrebbero aumentare fino a 42.000 – ma comunque un buon numero per sfidarlo, dato che Pechino vuole superarlo di 1.000 unità nei prossimi decenni.

Il servizio offerto dai satelliti di Musk all’Ucraina, ha infastidito la Cina per la sua vicinanza alla Russia. Ma ha anche incuriosito molto i cinesi, che hanno deciso di studiarlo per promuovere un proprio programma di internet satellitare.

Rispetto al 2019, quando i brevetti relativi alla tecnologia satellitare erano 219, due anni fa ne sono stati pubblicati 2.449. A dimostrazione che l’impegno è stato preso sul serio. Lo confermano anche i 263 satelliti spediti in orbita dalla Cina lo scorso anno, segnando un record. E anche i tantissimi dollari investiti, come i 930 milioni che si è aggiudicata SpaceSail per incrementare la produttività nazionale, e i 137 milioni presi dalla sua sussidiaria Genesat. O come i circa 50 milioni che il governo centrale ha dato alla Hongqing Technology, che vorrebbe arrivare a 10.000 satelliti. Ovviamente anche l’esercito è chiamato in causa, visto che parliamo di una militarizzazione dello spazio, così come l’altro rivale cinese di Starlink, Qianfan, che sembrerebbe aver assunto un ruolo di primo piano nel progetto della Via della Seta.

La risposta degli Stati Uniti è stata affidata, come logico, nelle mani di Musk. Via Donald Trump, ovviamente. Il presidente americano sta mantenendo la promessa fatta in campagna elettorale ai giganti della tecnologia, quale quella di ridurre la burocrazia. La scorsa settimana ha iniziato a mettere in pratica quanto detto, firmando un ordine esecutivo con cui il capo del Doge potrà revocare “le normative illegali” dopo un’attenta revisione, che dovrà avvenire entro 60 giorni. In questo modo, l’intenzione del governo è accelerare il progresso tecnologico.

Qualche settimana fa il tycoon aveva già annullato la decisione di Joe Biden sui limiti all’export ed è pronto a proseguire su questa strada, deregolamentando l’intelligenza artificiale per permetterle di esprimersi in tutta la sua potenzialità. Sebbene esistano dei rischi legati alla sicurezza e gli esperti abbiano già avvertito del possibile scontro tra tali misure e la legge, le mosse della Cina obbligano gli Stati Uniti a muoversi.


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