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Spese per la Difesa, la Danimarca punta a superare il 3% del Pil

La Danimarca annuncia un aumento delle spese per la difesa entro i prossimi due anni, con il piano di arrivare oltre il 3% del Pil. Nel frattempo, l’Agenzia europea per la difesa avverte sui rischi della frammentazione industriale in un momento cruciale per gli equilibri geopolitici globali

La Danimarca ha deciso di rafforzare in modo significativo il proprio comparto difensivo. La prima ministra danese, Mette Frederiksen, ha annunciato che Copenaghen porterà la spesa militare al 3,2% del Pil nei prossimi due anni, rispetto al 2,37% del 2024. Un incremento che segna una svolta rispetto al dato dell’1,37% registrato nel 2022 e che avrà un valore di circa 16 miliardi di euro. Mentre l’Europa subisce una doccia fredda sulla difesa, con gli Stati Uniti sempre più inclini a focalizzarsi sull’Indo-Pacifico, l’esempio danese segue quello di altri Paesi che, anche prima delle richieste Usa, hanno messo in campo poderosi piani di riarmo.

Cosa spinge Copenhagen ad aumentare la spesa?

Frederiksen non ha lasciato spazio a interpretazioni: il “massiccio riarmo” è una necessità per la Danimarca, che si trova a dover far fronte a due preoccupazioni principali: la mutata postura strategica degli Stati Uniti e la mai sopita minaccia russa. Da un lato, il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca genera incertezza. Il presidente Usa ha già manifestato l’intenzione di ridurre il sostegno all’Europa in materia di difesa, lasciando ai partner europei della Nato il compito di “provvedere autonomamente alla propria sicurezza”. Dall’altro, Mosca continua ad alimentare le tensioni in Europa. La Russia di Vladimir Putin, nonostante i costi già altissimi della guerra in Ucraina, sta ponendo le basi per un massiccio riarmo post-bellico e, secondo Frederiksen, ci troviamo “nella situazione più pericolosa da molti, molti anni”. 

L’allarme dell’Eda sulla frammentazione europea

Mentre l’esortazione all’azione (“Do something!”) di Mario Draghi al Parlamento europeo continua a risuonare nel Vecchio continente, l’Agenzia Europea per la Difesa (Eda), ha relazionato il Comitato economico e sociale europeo (Eesc) in vista della redazione del prossimo Libro bianco sulla Difesa. In particolare, il direttore esecutivo dell’Eda, Jiří Šedivý, ha sottolineato nuovamente come la frammentazione dell’industria, la preferenza per gli acquisti nazionali e la mancanza di una strategia di cooperazione in materia di Difesa tra gli Stati membri rappresentino una debolezza per il continente. Secondo Šedivý, la frammentazione continua a rappresentare un freno all’aumento della produzione e della competitività generale dell’industria europea. Inoltre, nonostante le spese combinate dei Paesi europei nel 2024 abbiano raggiunto la cifra di 326 miliardi di euro, l’Eda continua a definire i fondi inadeguati al livello delle minacce attuali. A seguito dell’audizione, l’Eesc ha proposto un fondo da 100 miliardi di euro da includere nel bilancio dell’Unione europea per potenziare la Difesa comune. Tuttavia, specialmente davanti ai più recenti sviluppi, si fa sempre più forte la necessità di affrontare il tema della Difesa europea sul piano politico e strategico, piuttosto che come una materia esclusivamente tecnica. Diversamente, si rischia una corsa al riarmo in ordine sparso che minaccia di aggravare ulteriormente la frammentazione e le divisioni in seno all’Unione.

(Foto: Ministero della Difesa danese)


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